Molti autori hanno descritto la psiche umana cercando di esplicitarne contenuti, valori, significati per l’esistenza attuale, per l’umanità del nostro tempo. Ma quasi tutti hanno dimenticato che il senso Etimo epistemologico di Psiche nasce con i filosofi della Grecia e Magna Grecia o comunque dell’area mediterranea.

         Pur consapevole che la psiche è una concezione presente ed espressa in parole diverse in tutte le civiltà della terra, bisogna notare che solo con la filosofia greca o magno greca si è delineata nel senso che oggi è! E questo significato odierno è comunque  imprescindibile dalla concezione ideata due millenni e mezzo di anni fa. A molti non è chiara l’importanza che un concetto base della scienza, non abbia senso se non si ritrova nelle sue radici storiche epistemologiche e filosofiche.

        Ma se, pur con le sue  diverse versioni, la nostra “Psiche” in psichiatria, psicologia psicoanalisi, psicoterapia, psicopedagogia, ecc., – viene ad occuparsi dell’essere umano nel suo contesto ecologico sensoriale fondamentale di vivente terrestre, non si può pensare che sia diversa da quella dei pitagorici, eleati, egizi e di ogni altro essere vissuto prima di noi. Ed è evidente che ogni problema di alienazione o travisamento della Psiche, deriva dal fatto che non tutti gli autori che hanno descritto la Psiche , hanno vissuto la Psiche , (propria e di questo mondo), e ancor più probabilmente non hanno conosciuto il senso della psiche dalla visione di quei filosofi sapienti che nell’individuarne l’animazione in ogni dimensione microcosmica e macro cosmica dell’universo, vollero donare tale visione all’umanità allora vivente e tuttora presente.

      Molti sedicenti conoscitori della psiche sono stati in realtà anche dei grandi erranti nella dimensione psichica. Per essere certi di aver colto il senso della psiche umana ,a mio parere, si deve essere certi di aver risolto sintomatologie psichiche e psicosomatiche e  inoltre, si deve avere l’umiltà di approcciarsi allo psichismo dei vari popoli nel corso dei secoli attraverso le civiltà scomparse e comparse sulla faccia del pianeta senza escludere soprattutto tutti sogni che nei secoli dei secoli l’umanità ha vissuto ad occhi chiusi e aperti.

       Capisco che questo possa dimostrarsi essere un lavoro immane ed impossibile da cogliere per un solo studioso ma è possibile esserne colti nel momento in cui l’io si riconosce umilmente terrena-mente uno dei punti dell’infinito reale e possibile della Psiche individuale ed universale nello stesso tempo allontanando gli ologrammi o paradigmi pseudoscientifici da dentro l’io. Freud , Jung, Adler, Skinner, Rogers, Laing, Maslow, Fromm, Pearls, e tutti i ‘grandi’ autori-riscopritori della psiche nell’ottocento e novecento non hanno citato nè approfondito ciò che per es. Pensavano della psiche Pitagora e i pitagorici, Parmenide e gli eleati,gli epicurei, gli stoici;, nè i filosofi moderni hanno mai avuto esperienze cliniche sistematiche e coerenti di affrontamento dello psichismo patologico o creativo curandolo e portandolo in realizzazione storica in una dimensione individuale.

         Per questo è evidente che manca alla coscienza collettiva di questa epoca quella parte nucleica fondante che era ed è therapeia e ontos aletheia della Psuchè (ψυχή).

     Freud ha descritto alcuni aspetti della psiche umana che si sono

dimostrati favole inutili : col complesso di Edipo ad esempio la psicanalisi non ha mai curato nessuno facendo comunque molto scalpore e proseliti ed oltretutto deiettando il senso della vera ricerca psichica. Secondo Dodds, filologo ad Oxford nello stesso periodo in cui Freud era in Inghilterra, il complesso di Edipo era uno dei tanti miti o rappresentazioni teatrali e non una struttura necessaria per l’evoluzione ( o l’involuzione) della psiche di questa o quella umanità epocale (cfr.R.D.Dodds “I greci e l’irrazionale” e altri scritti).

          L’ontosofia psicosomatica invece, con la descrizione dei nucleotidi ologrammatici rivela uno degli “aspetti sovracomplessuali” che gestiscono l’io alienato in alterazione pressoché costante dal suo universo psichico.

          Può darsi che un giorno anche questa sarà ritenuta una favola ma nel frattempo avrà costituito un’idea-luce per le coscienze che vorranno utilizzarlo nel tutto dell’ontosofia reale e, magari come già dimostrato, avrà risolto più di una sintomatologia contrariamente a tante inutile teoresi o pratiche meccano riduzioniste che hanno il loro senso nella loro dimensione e non nell’universo psichico.

ALETHEIA

     Aletheia (ἀλήθεια) è una parola greca tradotta in più maniere come “dischiudimento”, “svelamento”, “rivelazione” o “verità”. Il significato letterale della parola ἀ–λήθεια è “lo stato del non essere nascosto lo stato dell’essere evidente” e implica anche la sincerità, così come fattualità o realtà (Liddell–Scott–Jones, Greek-English Lexicon, Oxford 1996, p.63).

M. Heidegger, che inizialmente interpretò il termine con l’unico significato di “ verità”, ne “ La dottrina di Platone sulla verità, SEI, Torino” e in “Essere e tempo, Napoli, Guida”, attraverso diverse analisi e ricerche etimologiche, ne confermò il significato primo di “svelamento”.

       Chi, agli albori della nascita della cultura occidentale, si occupò di verità, fu Parmenide che, a differenza degli altri presocratici che ricercano l’archè, il principio che costituisce la Natura, si pone la questione dell’Essere in sé.

Conosciamo Parmenide dall’unico scritto pervenutoci, “Poema sulla Natura” e da un’opera tarda di Platone “Parmenide”.

       Il poema di Parmenide descrive un cammino, un percorso possibile da intraprendere per giungere alla conoscenza della Verità, intesa come Aletheia, svelamento dell’Essere che egli contrappone alla Doxa, l’opinione, le false convinzioni degli uomini. L’ alètheia, la via dello svelamento dell’essere, è insegnata al filosofo da Dike, dea della giustizia. Per Parmenide, infatti, l’Essere va strappato all’occultamento, va disvelato. Anche Eraclito, che definisce l’ente come qualcosa che non si mostra, in uno dei suoi frammenti, attesta che “La natura ama nascondersi” e, il compito dei sapienti, è portare alla luce l’essere.

  • ταῦτα ἢ ἀληθινώτερα ( tauta e aletinòtera)– è la pura verità
  • ἀλήθεια [ἡ](aletheia) – dire la verità τἀληθῆ -taletè (ovvero τὰ ὄντα) λέγω

Il termine “veritas”, invece, di origine balcanica e slava e con il significato di “fede”, introdotto nella romanità (Cicerone), rimanda a qualcosa da accettare in quanto conforme ad una realtà oggettiva non da svelare attraverso la conoscenza. (Adorno, enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche).

       Secondo l’Ontosofia, per cogliere la verità e per esserne colti, ci si deve trovare nello stato della visione dell’Essere, affinchè questa, attui, il proprio disvelamento alla coscienza che, a sua volta, deve ricercare, ritrovare e mantenere l’idea della visione dell’Essere, come proprietà impeccabile e naturale della soggettività esistente.       Questa nomina la verità appresa dall’evidenza della visione ontica e, nel nominarla, ne lascia sottesa e aperta, la via dell’oltre, metà odòs, da cui, nel significato dell’Ontosofia, metodo e verità scientifica, traggono il radicamento e l’ulteriore visione appagante della realtà che si è e si conosce.

       Riportiamo un sogno inerente l’aletheia, fatto da una persona in formazione.

“ vestita di un lungo abito bianco e marrone corro, fuggendo da qualcosa o qualcuno, verso un arco in pietra, oltrepasso l’arco ritrovandomi in un chiostro, “io uscivo da dentro ma dal buio” ( questa frase sottolinea, nella sequenza immaginifica onirica, la ricerca della verità da parte del sognatore ndr.). In lontananza una panchina in pietra sulla quale stava seduto un anziano saggio con lunghi capelli e barba bianchi e una tunica in lana color beige. Corro verso di lui, intorno c’era confusione, molta gente che correva e fumo che fuoriusciva dagli archi che davano sul chiostro. Arrivata innanzi la panchina mi inginocchio, poggio la testa sulle sue gambe e dico: “Maestro, Maestro vieni via con me”.

Quel sapiente, tranquillo e ammiccando un sorriso comprensivo della sua consapevolezza di continuità dell’essere, mi carezza la testa e dice : “ aletheia, aletheia, ma io torno!!”. L’atteggiamento era di chi voleva lenirmi il dolore della dipartita e invitarmi a considerare la realtà di un eterno ritorno, o di una continuità della vita (come, la metensomatosi pitagorica in qualche modo, concepiva ndr.).

ANIMA-ARMONIA

Nella concezione scientifico filosofica della scuola pitagorica in Magna Grecia l’anima armonia era un’insieme di suono-sono (sound-being) progettato dall’intelligenza universale in funzione dell’individuazione vivente. La conoscenza dell’ordine del mondo coincideva con l’assimilazione dell’anima al divino attraverso la Mathesis intesa come Conoscenza per eccellenza che racchiudeva in sé tutte le Scienze  oltre quelle matematiche, come l’Astronomia, la Musica, la Cosmogonia. Mathesis come “principio Matematico in quanto  Armonia del Cosmo” nella antica concezione della scuola pitagorica. Conoscenza che, altro non era che una reminiscenza, un sapere cui si attinge solo attraverso l’essere se stessi, perché nell’essere in se è contenuto. Attraverso la Mathesis si arrivava alla conoscenza di quell’antica armonia che univa il cosmo all’anima; mentre la privazione della Mathesis (αμαθιά, amathìa) conferisce all’individuo una certa pericolosità e come afferma Platone ne “lettera settima ” la amathìa (ignoranza) è il: ” terreno su cui ogni male degli uomini attecchisce e fiorisce, per produrre infine un frutto ancora più amaro per coloro che lo hanno seminato”.

      Rispetto all’io ontico l’anima-armonia è la ricomposizione attraverso l’estasi immagogica della realtà ontico universale situata individualmente (gioia, felicità, amore della vita spirituale nel cosmo).

“23. Pitagora e Filolao dissero che l’anima è accordo ….. dicono infatti che l’anima sia una specie di accordo perché accordo è mescolanza e composizione di contrari e il corpo è com­posto di contrari. – e ancora in nota nella stessa pagina – 23. harmoniam : armonia nel senso di accordo . …armonia ì rapporto di numeri” accordo musicale esteso per analogia a tutte le cose le quindi anche all’anima. “(cfr. pag. 179 Pitagorici, testimonianze e frammenti a cura di M. Timpanaro- Cardini ed. La Nuova Italia 1962)

“…i Pitagorici, per la purificazione del corpo ricorrevano alla medicina, per quella del­l’anima alla musica. . . Pitagora attribuiva somma importanza alla catarsi…. Cosi chiamava l’arte del guarire mediante la musica.” Pag. 231- 293

      L’idea dell’Armonia Cosmica venne introdotta dalla scuola di Pitagora nell’enunciazione della dottrina dell’anima con la distinzione tra ” terminato e interminato”. Filolao, discepolo di Pitagora e contemporaneo di Socrate, riporta nel suo scritto :” Circa la Natura e l’armonia”

” L’Essenza delle cose, che è eterna e la stessa natura, ammettono conoscenza divina e non umana; oltre che non sarebbe possibile che alcuna delle cose esistenti venisse da noi conosciuta se l’essenza delle cose di cui consta il cosmo non fosse insieme di cose terminate e cose interminate. Poiché i princìpi non nacquero simili né omogenei sarebbe stato impossibile creare con essi il cosmo, se non fosse intervenuta Armonia, qualunque sia stato il modo in cui essa è nata”

( Pugliese Carratelli, Megale Hellàs, UTET)

ARTETERAPIA PSICOSOMATICA (φιλότεχνος, amante dell’arte; ποιητική, arte poetica; ρωτικτέχνη, l’arte di amare; οτεχνικοί, i maestri dell’arte; ψυχή e σμα, psiche e soma, che in una nota dei frammenti pitagorici di timpanaro- Cardini erano due concetti interscambiabili indicanti l’ identica realtà.)

Alla voce Arte, il dizionario Lucarini (pag. 494 del I volume), non fa alcun cenno a Policleto scultore greco nato ad Argo intorno al 480 a.c. e morto verso la fine del V secolo che invece è citato a pag. 667 sempre dello stesso dizionario volume VI, ma senza legarlo alla precedente voce Arte. Stessa cosa accade per la voce “Ontosofia” (Clauberg e Genovesi) e per la voce “musica” ( Aristosseno).

Quello di scindere la continuità tra le intelligenze nel loro contributo alla civiltà autentica dell’ Essere Umano è un problema di molti dizionari storici, filosofici, scientifici, (ma soprattutto dell’indicizzazione che la chiesa cattolica ha operato della conoscenza autentica e libera nel corso dei millenni) ed è il motivo di quella babele dei linguaggi che sin dall’esposizione che se ne fa nella Bibbia, si rivela una condanna fomentatrice di guerre fratricide basate sulla mistificazione del significato naturale, o semantica alie­nante, dell’intelligenza vivente.

Così l’arte risulta slegata dalla concezione dell’ Essere in quanto poiesis (generazione autorganizzatrice dell’ Essere Umano). L’arte risulta divisa dalla scienza, quando invece arte e scienza costituiscono una continuità necessaria nel processo di evoluzione dell’ Essere nell’Universo sempiterno. In un passo del convito platonico la possibilità di contenere nel concetto di poesia (poiesis) tutte le teknè, per opera delle quali si produca il passaggio dal non essere all’essere, era ancora presente nella coscienza degli intellettuali dell’epoca.

Policleto, il più grande maestro della scuola Peloponnesiaca dell’ arte classica e autore del trattato intitolato “Canone” attinse ai presupposti pitagorici della “simmetria aritmetica” intrinseca nella natura, a dimostrazione che, ancora nel V secolo a.C., il concetto di arte, anche nel significato di teknè, era intimo a quella paideia ispirata e protetta dalle muse di Mnemosyne che ancora, nel Fedone, muoveva Socrate nell’ affermare che “la Filosofia è la musica più alta”. Da tutto questo s’intende come l’evoluzione verso la virtù, “Paideia”, ispirata da Mnemosyne, madre di tutte le Muse, attuata attraverso l’amore per la saggezza (filosofia), praticata attraverso le varie teknè (scultura, pittura, poesia…….) che convergevano nel significato di musica (μουσική – musikè attività governata e ispirata dalle muse), fossero complementari e necessari

alla concezione di armonia matetica che Policleto poneva alla base dell’ arte classica e da cui Fidia, L’Iside,Michelangelo, Leonardo, traevano il loro senso di creatività artistica o di deità della mente del pittore (Leonardo citato pag. 493 vol. I del Lucarini). L’Arteterapia Ontosofica è psicosomatica, in quanto coinvolge il soggetto o il gruppo in una dimensione psicagogica del proprio Essere e lo volge a recuperare i significati scissi dalle semantiche alienanti nell’evoluzione unificata di arte e scienza in quanto principio di saggezza autopoietica-ontopoietica. L’arteterapia in questo modo riconcede le sue radici storico-filosofiche attuando nel processo della “cura” (clinica) quella continuità tra anima e corpo, tra poiesis e teknè, tra deità e pratica naturale della vita che ogni individuazione sa in qualche modo presente intimamente nella propria ontosofia. L’alienazione possibile attra­verso l’arte e la terapeutica, è il risultato della perdita, o rimozione, della coscienza odierna di artisiti e scienziati di quelle radici storico-filosofiche-ontopoietiche. Fortu­natamente esperienze come quelle di Federico Zeri (il famoso critico d’arte) che, percepiva il falso artistico di una statua del museo Getty attraverso un senso di repulsione e malessere psicosomatico come il suo collega B. Berenson (cfr. il periodico della “Macchina del tempo” pag. 87 dic. 2005 n.12 anno VI  vespina edizioni srl), affermano ancora oggi che la sensibilità psicosomatica dell’ Essere Umano è ancora presente e oltretutto necessaria per validare o negare la verità o la falsità dell’ arte. D’ altra parte è evidente che sia nella scienza che nell’arte si promuovono o si assumono opere e personaggi, chiaramente schizofrenici, come modelli senza che una sapiente coscienza critica possa valutarne il risvolto positivo o negativo nell’educazione alla sensibilità o per risanare la vita psico-fisica. A che pro osannare Van Gogh, Picasso, o tanti musicisti che propongono la loro nevrosi e sofferenza psichica attraverso la ripetitività concertistica delle loro opere musicali, (si confronti la filosofia di Glen Gould a proposito, il grande concertista si ritirò per non riproporre la ripetitività programmatrice nel pubblico). La fruizione dell’opera di un autentico maestro (specie quando esperita dal vivo) può curare la psiche e il soma e illuminare lo spirito.

Qualunque grande artista propone, attraverso la sua opera, un’ intenzione di crescita. Michelangelo voleva dire a Papa Giulio II ” Vedi che Mosè era un uomo che disprezzava il potere della legge, del codice, pur ritenendolo opportuno; invece la Chiesa, apprezzandolo, lo fissa dogmaticamente nei fedeli, nei credenti” quindi il profeta Mosè viene recuperato secondo una indicazione di libertà umana ancora possibile in prospettiva (quindi il martello scagliato, dallo scultore, contro il Mosè nell’esclamazione “ perché non parli” si potrebbe interpretare come un’intuizione ontopoietica della fruizione artistica che libera la semantica della psiche occultata dalle gerarchie laico ecclesiastiche alienanti: qualcosa che accade nell’ontosofia psicoterapica quando il terapeuta olosgramma il verbo dell’utente). Ogni intuizione religiosa o laica ha il dovere morale di introdurre i codici o le leggi nell’umanità solo per una motivazione psicagogica creativa dell’ essere umano: unicamente per evolvere lo spirito creativo della civiltà umana, non per creare degli adepti ciechi e sordi, automi programmati al non-essere.

L’artista Michelangelo cerca di far intuire che la libertà dell’uomo è ancora possibile attraverso l’opera di un uomo saggio nella sede giusta. Allora questa intenzione travalica i secoli e le opere di questo artista passano di generazione in generazione senza tramontare mai perché sono, con­figurano nelle forme le intenzioni di libertà, i valori, l’antico naturale dell’uomo. Naturalmente questa potrebbe essere l’intenzionalità ontica che io vedo nelle opere di Michelangelo.

A dimostrare che il senso del bello esisteva già presso i pitagorici ed era in qualche modo connesso con la virtù e la musica riporto da Pitagorici testimonianze e Frammenti Fasc. III a cura di Timpanaro Cardini , pag 331, ” Dalle Sentenze Pitagoriche di Aristosseno. Diceva che il vero amore del bello sta nelle attività pratiche e nelle scienze; perché l’amare e il voler bene hanno inizio dalle buone usanze e occupazioni, così come, dalle scienze ed esperienze, quelle belle e d oneste amano davvero il bello; mentre ciò che dai più e detto amore del bello, cioè quello che si manifesta nelle necessità e nei bisogni della vita, è, se mai la spoglia del vero amore.

AUTOPOIESI VISCERALE

Autorigenerazione dal profondo (viscerale) del vivente. Tenendo presente che già il meta­bolismo del cibo, la trasformazione in energia di alimenti allo stato fisico-chimico accade nel sistema viscerale (per dote naturale dell’organismo), anche la Psiche ha un suo crogiuolo autorigenerativo profondo e proprio da questa capacità psichica, ne diviene una potenzialità rigeneratrice del soma. La tendenza all’auto-organizzazione, già insita nella materia fisica, propende per l’organizza­zione di un principio coerente e finalistico alla vita nella biologia (Maturana e Varela) e nei vegetali; ancora è evidente che l’identica tendenza all’autorganizzazione nella fisica delle par­ticelle (cfr. E. Schrödinger) crea l’istanza auto-organizzatrice della psicosomatica e quindi del­l’energia-forza psichica. Tutte le energie presenti nell’uomo e nell’ambiente che lo comprendono, tendono ad raggiungimento di una stabilità, un omeostasi naturale (dal greco ομέο-στάσις: stesso stato) che è poi il processo alla base di ogni cellula vivente, che ne garantisce il corretto esplicarsi delle funzioni e l’equilibrio dal punto di vista chimico, fisico e biologico.

      Questa tendenza potrebbe essere la risultante in ogni individuazione del muoversi originario di un principio o legge universale che i Greci chiamavano Eros, che i cristiani chiamano Dio, che i Native Americans chiamano Manitù, che gli Induisti-Buddisti chiamano Brahma, e che ogni altro popolo chiama con la propria lingua risuonando comun­que il senso del divino (o di un’entità sovrumana) che organizza, riordina, crea il benessere e l’armonia nella vita umana e naturale. Leibniz, nella sua pubblicazione ” Princìpi della filosofia o Monadologia”, enuncia la sua teoria sull’organizzazione della vita. Ritenendo impossibile che questa nella sua complessità, fosse un semplice aggregato di atomi, ipotizza la presenza di quelle che lui chiama Monadi, intendendo per monade atomi vitali ( di natura spirituale), semplici che permeavano l’universo e la materia vivente e che, organizzandosi tra di loro, creano le molecole complesse. In ogni Monade, secondo Leibniz, era possibile vedere rispecchiato l’Universo intero.

Per i pitagorici la Monade coincideva con l’archè (principio di tutte le cose) e corrispondeva all’armonia delle sfere. Credo che per semplicità dialogico-scientifica, la sfera d’azione di questa tendenza autorganizzatrice nell’essere umano, possa chiamarsi Psiche.

AUTORESPONSABILITÀ ONTICO-ESISTENZIALE

È la corrispondenza etica, morale di situazione in situazione rispetto al bene potenziale da realizzare nel consapevole progetto dell’essere che esiste: rispondo all’essere che esiste in quanto appellato nella entità individuale.

CAMPO RETE SOCIO-AMBIENTALE

L’insieme grigliare che ha come risultante l’interferenza, soprattutto derealizzante, di un settore socio-familiare, anche se in un conte­sto o sistema motivante l’autorealizzazione felice dell’essere umano. Il complesso delle azioni interferenti nella psiche individuale.

“CURA DEL SINTOMO”

Significa riuscire a realizzare una visione-azione terapeutica unitaria delle incidenze che interferiscono sulla psico-bioenergetica del cliente e resettare, queste incidenze-interferenze, secondo i codici naturali della vita sana; quindi ripristinare-riprogrammare il “software psicobiologico” (l’insieme staminale delle cellule totipotenti) per realizzare il corretto funzionamento dell’ “hardware organico” individuale, secondo la legge isonomica (alcmeonico-pitagorica), secondo la quale, la malattia era considerata una disarmonia: la garanzia della salute è data dall’armonia dei vari elementi, umido, secco, freddo, caldo, amaro e dolce, che hanno uguali diritti isonomia e le malattie si manifestano quando uno prevale sugli altri monarchia. Inoltre il pitagorico Alcmeone, sosteneva che ” gli uomini per questo periscono, perché non possono ricongiungere il principio con la fine”: benessere e salute del corpo individuale come benessere e salute del corpo sociale e viceversa.

DIRETTIVITÀ ONTICA

Lo psicoterapeuta autentico è diretto dal principio dell’essere reale (cfr. la terapia della realtà di Glasser) mentre dirige l’io psicosomatico del cliente verso la propriocettiva coscienza autorealizzativa durante il periodo in cui si attua la cura. Glielo consente il fatto di “vedere” la dinamica energetica della psiche viscerale attraverso tutto l’organismico (vedi la voce ORGA­NISMICO). Con “vedere” si intende la capacità naturale dell’uomo di percepire i campi ener­getici o le motivazioni psichedeliche (illuminanti la psiche in quanto principio in sé). E’ basilare, per riapprendere questa funzione propria della psiche umana, maturare personologicamente la concezione neurofisiologica di sinestesia.

ENTELECHIA

Entelechia (εντελεχηια) in greco significa compiuta realizzazione, essere compiuto in se stesso). Questa parola, così ben significante per indicare il sinolo psiche-soma, è stata gradual­mente sostituita nel corso della storia nel pensiero filosofico-psicologico dal termine psicoso­matica, che a sua volta è stato sostituito, nel DSM- IV, dal termine somatica, quasi un tentativo del sistema alienante attraverso i linguaggi convenzionati e condizionati, di scindere il senso originario psichico e unitivo di anima-corpo per ottenere un’oggettività fisica da sezionare e studiare in laboratorio, nell’apparente apprensione di sfuggire ad una presa di possesso religiosa circa la giurisdizione sul territorio dell’anima e del suo tempio corporeo. Ottenendo, comunque, come risultato, una informatizzazione tecnologica della psicobioenergetica umana sottomessa al sistema tecnocratico.

EROS-THERAPON

Eros-Therapon, amore terapeutico. L’intenzionalità dell’Ontosofia Picosomatica si svi­luppa attraverso la sfera d’azione naturale di amore tra i viventi che è attivata in una coscienza matura in visione psicosomatica.  L’ Eros Therapon inteso secondo l’originaria concezione di Eros come divinità creatrice dell’universo, la somma energia organizzatrice la vita. Per i pitagorici Eros era la Forza-Amore e sostenevano che la forza senza Amore perdesse le sue caratteristiche. Era Amore ( Eros Therapon) che conferiva potenza e potenzialità alla forza. L’Amore-Anima che era in grado di sintonizzare il corpo come strumento che suona in Armonia con l’Universo.

Ciò determina la remissione sintomatica che, accade sistema­ticamente durante le sedute di Ontosofia Psicoterapica. Nei settings di ontosofia si evidenzia il naturale sapiente superamento degli anfratti interminabili di transfert e controtran­sfert di scuola psicanalitica, per questo si usa dire che l’autentico amore è terapeutico, un’esperienza questa, di comune biologica umanità.

ESSERCI

Per la concezione di “esserci”, rimandiamo come riferimenti bibliografici a Heidegger (Essere e tempo, Sentieri interrotti); Husserl (Meditazioni cartesiane); Merleau Ponty (Il corpo vissuto); Sartre (L’essere e il nulla). Con l’espressione “esserci individuato, psichico e psico­somatico”, si intende la convergenza della conoscenza e dell’esperienza filosofica in quanto percetto organismico coincidente con la percezione trascendente dell’atto psichico in armonia con la cognizione metafisica dell’io presente a se stesso. L’esperienza dell’esserci è fondata sulla propriocezione psicosomatica degli organi, delle cellule, insieme ai pensieri e ai sogni, insieme a tutti i palpiti ed i profumi e i cattivi odori dell’inquinamento in cui viviamo. L’esserci è lo scorrere della coscienza psichica punto per punto sulla retta infinita dell’essere situato, qui e adesso, lì e oltre. Adesso, tu che leggi ed io che ho scritto, coincidiamo in un punto-visione dell’esserci.

ESSERE (ONTOS)

Rispetto ai primi pensatori greci, non c’era netta o dogmatica distinzione tra filosofia, religione, paideia, pedagogia ma piuttosto una sensazione di atti psicoesistenziali maieutici e trasformativi, metamorfici della realtà umana o ecosistemica (cfr. Jaeger “la Teologia dei primi pensatori greci).Quindi l’ontos (essere) era riferito a svariate situazioni, cose, persone, divinità. Dalle concezioni filosofiche di Omero, Pitagora, Parmenide, Eraclito Socrate, Plotino, si individua un concetto di Ontos-Essere, che contiene la dinamica e insieme lo stato (forma) di una materia-energia-intelligenza questa l’idea portante degli antichi maestri vissuti in Grecia e in Magna Grecia. Storicamente con la romanità e il cristianesimo, i rivoli di significati che scorrono dalla filosofia madre dell’ontos, si cristallizzano per determinati interessi , in percorsi, discipline, arti particolari definite da necessità e contingenze di poteri e corporazioni (militari,politiche, religiose).

La concezione di Anima (psiche)-Armonia, propria dei presocratici, modifica profonda­mente il concetto di Essere come è arrivato a noi attraverso la tradizione posteriore ponendo l’idea di un deità umana, amabile dall’Essere universale perché portatrice a sua volta di un moto di amore che ritorna all’Essere che l’ha in-generata.

L’Essere (Ontos) per i presocratici signifi­cava sia la totalità universale che il principio dialettico generatore di tutte le cose che compone­vano questa totalità. Nel simbolismo mitologico è assimilabile ad Eros, il creatore e ineluttabile destinatore persino degli dei (v. Esiodo).

Il passaggio psicosomatico dell’essere nella realtà umana, è dato dalla concezione (fisiologica) dell’isonomia di Alcmeone che nella proposizione interscambiabile di psiche e soma (intesi come strumenti di armonia), attua la continuità dalla dimensione metafisica (monade) a quella dell’essere in quanto individuazione umana.

FILMTERAPIA

Il modulo cinematografico utilizzato per coscientizzare e abreagire i condizionamenti alie­nanti (l’ologramma dinamico) che agiscono attraverso la fissità delle immagini socioculturali. L’attenzione centrata non solo sulle reazioni razionali ai contenuti del film ma sulle risposte emotive e psicosomatiche alle immagini, oltre che alle situazioni che dal film vengono ripro­dotte nella realtà delle menti soggettive.

IDENTITÀ ONTICO-ESISTENZIALE

Si intende l’atto ancora indifferenziato in quanto io, ma ,aperto come principio fondante dall’inconscio collettivo al conscio personologico. Tra identità ontico-esistenziale ed io ontico c’è solo un gradiente di coscientizzazione specificata che autorivela la differenziazione storica dell’io autorealizzato, emancipatosi dall’identità socio-famigliare.

IMMAGOGIA ONTOSOFICA

      Le origini della pratica immagogica risalgono al periodo dei filosofi presocratici, quando Maestri come Pitagora, Talete, Archita, nel corso della Therapeia o durante le incubazioni, conducevano gli allievi negli stati di coscienza immagogica, durante la quale si vivevano  episodi divinatori oppure costituiva una prassi nel trattamento delle affezioni psicosomatiche.

Ai tempi di Filone di Alessandria ( 20 a.C. circa – 45 d.C. circa), autore del “  ‎De vita contemplativa”, il Maestro Terapeuta era un tessitore, un cuoco che aveva cura del  corpo e delle immagini che abitano le anime.

     Aveva anche cura degli dei, poiché gli dèi, erano le immagini attraverso le quali l’uomo rappresenta a se stesso l’Assoluto, immagini molteplici dell’essere Unico. Gli dèi costituivano anche i valori che orientano e innalzano la vita in termini più filosofici trascendentali: il Bello, il Vero, il Bene.

L’Immagogia e’, quindi, un evento di conoscenza ontico-esistenziale oltre che di reintegrazione immediata della salute psicosomatica. Nel livello iniziale può essere assimilato ad una tecnica di rilassamento corporea (Klaus Thomas “Autoipnosi e training autogeno” utilizza nel ‘900 il termine immagogia, allievo di Schultz, “ Il Training autogeno”) talvolta con produzione di immagini come nel sogno da svegli guidato (cfr. Desoille ed altri) pur proponendo un percorso più libero; o nelle meditazioni religiose, senza tuttavia implicazioni di fideismo dogmatico; nei livelli successivi può raggiungere la contemplazione estatica dell’essere.

Può essere praticata con o senza ascolto di musica, sia registrata che prodotta dal vivo.

Per l’etimologia di Immagogia, proponiamo di ricondurla a imago, in-ago, agire dentro (gr. en ago, condurre dentro, guidare) che implica sia l’azione della guida che dell’iniziato. (cfr. Psicoterapia e Musicoterapia, p. 213, e anche alla voce IMMAGINE – IMAGO).

Esistono tre livelli: 1. psicosomatico, 2. metafisico, 3. estatico.

IMMAGINE – Imago

Imago = in me ago = agisco dentro di me (oppure im = in = dentro, ago = agisco).

Il latino “imago” ci rimanda ad una radice yem (attestata nell’area indoiranica) col signifi­cato di doppio frutto, da cui deriva la forma verbale *imare, che si conserva in latino nell’in­tensivo im(it)are. Tutto questo ci rimanda al senso di immagine come doppio. Il virtuale e il reale dell’anima umana sono certamente consaputi dagli antichi filosofi. Socrate parla in effetti di una doppia possibilità dell’anima, quella di imprimere nella cera (di Mnemosyne) e quella di rimanere effigiata.

INCUBAZIONE

    Pratica legata ai processi di guarigione. Il momento della guarigione aveva ben poco a vedere con la medicina quale è odiernamente intesa e praticata in senso riduzionista. Era piuttosto, un’esperienza personale guidata dal Maestro. Nei santuari di Asclepio ( il Dio greco della medicina) vi erano delle aree preposte ad accogliere i ” malati” che attraverso l’esperienza mistica del sogno riottenevano la guarigione. La fase del sonno e del sogno rappresenta, quindi, il momento centrale dei processi di risanamento psicosomatico.                                                                                     

     Durante il sonno, grazie all’abbassamento del livello di coscienza ordinaria, si manifestava al malato, il suo reale stato psicosomatico e questi viveva fenomeni di veggenza psicosomatica. La pratica dell’incubazione veniva utilizzata anche nelle iniziazioni ai misteri, durante le quali il discepolo oltrepassava lo stato di coscienza condizionato dal sociosistema alienante e veniva guidato dal Maestro in uno stato di coscienza dell essere esistenziale che gli permetteva di accedere al mondo psichico, visionario, onirico, divino. Secondo la concezione stoica, si riteneva che i sogni veridici fossero dovuti alla comunanza della ragione umana con quella divina, ovvero alla decifrazione dei pensieri delle anime immortali che affollano l’aria sotto la luna ( E. Dodds, Parapsicologia nel mondo antico, p.17). Pindaro dava prova della natura divina umana con il fatto che durante l’attività onirica, l’uomo potesse avere delle manifestazioni di veggenza: “Il corpo di tutti obbedisce alla morte possente, e poi rimane ancora vivente un’immagine della vita, poiché solo questa viene dagli dèi: essa dorme mentre le membra agiscono, ma in molti sogni mostra ai dormienti ciò che ci è destinato di piacere e sofferenza” (Pindaro, Fr. 131). In tutti i casi il sogno costituiva e costituisce un messaggio della Psiche destinato o al singolo individuo o ad una collettività Ecco perché gli antichi Maestri si servivano del Sogno quale intervento terapeutico. Lo stesso Ippocrate afferma nel libro IV o ” sui sogni”, del corpus Hyppocraticum che mentre durante il giorno l’anima non può essere pienamente se stessa, “…. quando il corpo riposa , l’anima, muovendosi desta, governa la propria casa e compie da sola tutte le azioni del corpo essa avverte tutte le condizioni fisiche del soggetto e le manifesta come immagini nei sogni”.

Quanto sopra detto, ci fa comprendere come , dissacrando la coscienza onirica ,la visione dell’essere onirologico, (cfr. gli editti e le persecuzioni di Papa Gregorio…nel 700 d.C.) si è creata una schizofrenia della psiche dal suo mondo totale integrato, in atto continuativo dall’essere oltre all’essere qui adesso e, la paura della morte con tutti i rituali asserviti alle religioni, è il risultato di questa scissione della continuità psicoesistenziale dell’essere umano.

INTELLIGENZA AUTOPOIETICA DI VERTICE

È un’intelligenza autonoma che ha il vertice nello psicoterapeuta-guida del gruppo di assistenti e collaboratori durante un’attività psicoterapica. Si tratta di un vertice relativo che trova nel leader-psicoterapeuta la coscienza più affinata e si sposta dinamicamente in tutti i col­laboratori che decidono la sintonia della sfera d’azione ontico-esistenziale con lui. Il direttore dei lavori in questo caso , è più aperto alla leadership dei presenti e motiva con la sua azione, una dimensione etico naturale dell’interazione umana perché basata sulla logica evidenza del benessere e dell’autorealizzazione più che su di un mandato acquisito paradigmaticamente da un potere esterno all’essere.

INTENZIONALITA’

L’intenzionalità, secondo l’ontosofia psicosomatica, è un agire psicofisico di energia tale da impegnare forze presenti e assenti dello spazio tempo locale di un individuo; è da considerarsi la “via regia” attraverso cui l’io ontico fa la sua organizzazione di realtà nella dimensione della coscienza storica.

Di là dalle acquisizioni del significato di intenzionalità nel campo della filosofia -Aristotele, Brentano, Husserl – e della teologia – Tommaso, Agostino, Bonaventura – (cfr. Dizionario Filo­sofico Lucarini, vol. 4, p.670: “L’Intenzionalità costituisce un concetto chiave per comprendere la conoscenza e la volizione (in particolare l’amore o volere per la vita sana), che sono i modi supremi dell’agire; e quindi per comprendere la natura dell’agire come tale e il suo rapporto all’essere”), bisogna ricordare un’intenzionalità ermeneutica presente in tutta l’onirologia del mondo antico.

Cioè, l’intenzionalità in quanto messaggio del divino attraverso i sogni o gli stati psichici di visione-immagogia-sogno-ipnagogia-trance-estasi, è stata sempre presente nei primi moti dell’intelligenza umana. I cacciatori del paleolitico quando disegnavano nelle grotte di Lescaux o di Altamura gli animali da cacciare , intenzionavano un processo di realtà che implicava concretamente il bisogno del cibo, la sua ricerca e la traccia onirico-immagogica dell’animale da metabolizzare, esattamente come gli aborigeni dell’Australia sono in grado di seguire le tracce di un animale nei sogni e i popoli ori­ginari dell’Africa ancora oggi credono nella necessità di adempiere il messaggio onirico quando si riferisce ad un’antilope sognata.

(cfr.: Heidegger, Essere e tempo, Sentieri interrotti; Husserl. Meditazioni cartesiane; Mer­leau ponty, Il corpo vissuto; Sartre, L’essere e il nulla.

INTENZIONALITÀ PSICOTERAPICA DI BENESSERE PSICOSOMATICO

Si riferisce alla dinamica energetica che corre tra la coscienza dello psicoterapeuta e le sfere di coscienza e inconscio del cliente sintonizzandosi con l’Ontosofia della Sfera d’Azione Ecosistemica, ha come obiettivo la risoluzione della sintomatologia di ingresso nella terapia ed è attuata passo dopo passo attraverso ogni seduta.

INCONSCIO O ES

Sfera d’azione psicofisica che radia nel conscio la multidimensionalità dell’Io ontico reale. Diversamente da Camus, Nietzsche, Groddeck, Freud e completando la loro visione, l’Ontoso­fia individua l’inconscio come un atto dell’IN, l’essere in sè (del chi ontico dentro la realtà delle forme) nella dimensione della ragione-visione consapevole, fenomenologico-esistenziale di una personologia applicata all’autorealizzazione creativa e felice che vola oltre gli empasse del sistema alienante.

IO

Il centro psicologico, dinamico, congruo e isonomico dove si realizzano le forze vitali e costruttivo-creative dell’individuazione negando continuamente le interferenze del sistema alienante: il raggio storico-esistenziale della sfera d’azione ontico-umana che sa l’essere e il non -essere possibile.

IO PSICOSOMATICO – IO ONTICO VIRTUALE – IO REALE ONTICO

Io psicosomatico = sinolo psiche soma nella centralità di coscienza. L’idea scientifica di un’entità congrua e isonomica che dalla medicina e soprattutto dalla psicoterapia, si ricava dai processi di remissione spontanea, da effetto placebo, da trattamento esclusivamente psicote­rapico (senza l’aggiunta di farmaci) di molti e svariati sintomi…ma anche la catalizzazione di sintomi diversificati senza cause fisico-chimiche (organiche) evidenti e dichiarate in diagnosi mediche, psichiatriche o di laboratorio (o quando le stesse non danno l’evidenza compiuta­mente scientifica della causa di un malessere (diagnosi), la risultanza definitiva del trattamento proposto con adeguato follow-up (therapeia), la predizione della stessa risultanza per altri casi (sintomi) simili trattati con successo precedentemente

L’Io ontico virtuale (dal lat. virtus -utis ‘forza, coraggio’, in sé e per sé il termine viruale è neutro, non ha connotazioni positive o negative ) è previsto nella pratica clinica psicoterapica, poiché, nell’atto dell’es­sere reale, v’è la possibilità o meno di superare ‘l’infinita virtualità del soggetto’ (Blondel). L’Io ontico-virtuale è un progetto continuo dell’essere nel sentiero dell’autorealizzazione felice, è il dover essere forma, idea-forza dell’intelligenza individuale…e può rimanere tale o evolversi in atto vitale e riuscito (ontico reale) …ma è anche il diritto a divenire essere io reale, un diritto che le istituzioni sociali innescate d’alienazione, molte volte eliminano oppure oltraggiano fino alla morte o al nichilismo dell’individuazione umana.

Io Virtuale Alieno ( in questo caso il termine virtuale assume una connotazione schizofrenogena e cibernetica di alterazione dell’essere umano) è la condizione cronica di estraneazione della vita psichica e/o psico­somatica attraverso cui, il sistema alienante, innesca e derealizza l’essere umano. “Il pensiero del male è radicato nell’io ovvero in ciò che ti pone come altro rispetto agli altri e a Dio. Ma questo io, tutto condizionato dall’alterità, dal sociale, dall’accidentale, non è il vero io perciò occorre la triplice morte dell’anima della tradizione mistica (adempiere ogni giustizia: plerôsai pasan dikaiosynên- Matteo3,15), perché emerga il vero Io, che non è più un io determinato, ma l’assoluto spirito. Quando termina il piccolo io determinato, compare l’Uno-Tutto, in cui tutto è bene- Dio in tutti i luoghi e in tutte le cose, in quanto essere. Allora scompare anche l’immagine determinata di Dio come altro, quel Dio come ente che – come scriveva Eckhart, rovesciando consapevolmente la religione comune, che diviene superstizione e bestemmia – è tale solo per i peccatori. Qui, la grande riflessione greca sul logos, si salda con quella cristiana, in cui il Logos è Cristo/Dio, tramite cui tutto è stato fatto e che è divenuto carne e passato nell’uomo. Tutto ha dunque logos, tutto ha una ragione – non v’è l’irrazionale, non v’è il male. Pensare il male è pensare male. Questa consapevolezza è innanzi tutto filosofica, e accomuna Eckhart a Spinoza. significa quindi pensare che qualcosa non abbia una causa – a questo, infatti, si riconduce il pensiero del male in senso forte -, e dunque un pensiero assurdo. L’uomo pensa il male perché è egli stesso malus – malvagio/malato -, ossia perché ingiusto, legato al determinato ed incapace di riconoscere nella necessità la voce stessa di Dio. ”( M. Vannini: Mistica e filosofia. Ed. le lettere 2007).

Secondo l’Ontosofia, non è necessario far morire l’anima per ottenere lo spirito, perché non c’è morte dell’anima in quanto la psiche è eterna sintesi metafisica dell’Essere in ogni forma e va ripristinata nel malato con la psiche therapeia: l’Ontosofia psicoterapica, in questo senso, è elettiva perché riprende, dalla dissociazione della malattia, la concezione metafisica e fisica dell’anima nell’individuazione. L’Io virtuale alieno non è mai completamente realizzabile in un io vivente perché, come si può capire logicamente, ciò che altera l’omeostasi salutare di un sistema vivente, è già nulla senza la vita che lo sostiene. Viene definito come una sovrapposizione di campo (ologrammazione) rispetto all’Io Reale: una sorta di processo compact multimediale a cui manca però la chiave di accesso, di contatto e interazione con la sfera psichica e psicosomatica della logica accretiva dell’Io.

Non è innato e si può definire come generato da condizionamenti immessi nell’individuo dal sociosistema alienante intergenerazionale (che ha un’azione finalistica distruttiva rispetto a quella del sociosistema sano e realizzante); si tratta di nuclei autoproiettivi di realtà virtuale (che con linguaggio mutuato dalla cibernetica definiamo anche ologrammi o software virale) conseguenti e alteranti il benessere psicosomatico. L’io virtuale alieno, è qualcosa che sottende l’insieme dei condizionamenti e delle paure e delle rabbie distruttive che un individuo ha subìto o fa subire: è la convenzione (come i film sugli alieni o mostri, diavoli, morti viventi).     

L’idea pseudoscientifica, mai dimostrata, di un gene della schizofrenia, può essere considerata un innesco intergenerazionale nella accademica scientifica del sistema alienante che intende perpetuare egoicità virtuali aliene: tutti quelli che pensano che inquinando la mente e rendendola impura si ricavino soldi e potere, sono in qualche modo agenti alienanti di quel sistema.

Quanto sopra si configura come sostenitori di una legge apocrifa dalla quale si vuol fare conseguire ed esistere la mostruosità o la diavoleria schizofrenogena degli esseri umani pur sapendo che la sua esistenza non è realtà ontica. In definitiva è la sensazione ultima di una entità caotica o distruttiva che si può avere nel corso della sofferenza psichica, psicosomatica o esistenziale, di una qualunque forma di sintomato­logia ma impallidisce e svanisce all’evidenza della realtà eterna del semplice intelligente universo materico. Io sono certo che il nulla non è, che il diavolo non esiste, che l’ essere è e il non essere non è.

Molti filosofi, mistici, teologi, medici, genitori, re, governanti, politici, scienziati, sono rimasti colpiti nella trappola del male-alienazione dell’essere umano e, pur tentando vie d’uscita, non hanno radicalmente estirpato dall’umanità nonostante il potere che hanno detenuto sui popoli nel corso delle epoche e nell’alternarsi delle civiltà.

ISONOMIA= STESSA LEGGE

In Ontosofia psicosomatica, riprendendo la scuola Alcmeonico-Pitagorica in cui l’idea fù primariamente coniata ed utilizzata, soprattutto nella filosofia medico-fisiologica, isonomia significa legge o leitmotiv dell’identico principio dell’essere vivente che subconduce o finalizza le azioni consce-inconsce dell’intelligenza individuale e/o collettiva….ma c’è un’isonomia anche nell’ecosistema terrestre che si rivela nell’omeostasi continua e intelligente che la Terra fa anche attraverso certi disastri naturali da cui si ricava sempre più l’evidenza di un’alienazione in certi progressi d’inciviltà umana    ( vedi le diatribe tra i vertici dei governi internazionali circa l’inquinamento della terra, i cambiamenti climatici, diatribe che dimostrano l’immaturità schizofrenica di certi capi di governo che non si rendono conto di operare scelte contro la loro stessa vita e quella dei loro cari.

MAIEUTICA

L’idea che l’Essere nasca dentro l’individuazione umana e nasca da sé in sé.

Partendo dalla concezione socratica della maieutica, si realizza una rinascita del proprio io rela­zionale in senso filosofico, attraverso la mediazione dell’autogenesi psicosomatica (autopoiesi).

La parola “maieutica”, già conosciuta nella nostra cultura é intesa come l’arte di far nascere l’evento psichico autogeno dall’individualità, dall’insieme psicosomatico, è ancora oggi poco usata. Molte pratiche psicoterapiche mirano alla nascita e alla rinascita, ma dimenticano la filoso­fia socratica e l’antica concezione di paideia: insegnamenti che adombravano, attraverso il mito di Dioniso (dio che s’incarna uomo e poi ritorna dio), la possibilità propria di ogni individuo di compiere un percorso finalizzato all’identificazione con l’Essere Anima, nel suo ciclo vitale, fino all’autorealizzazione (questo è il senso di “divi­nizzarsi”). Da Dioniso deriva il termine Dio inteso come concrezione esistenziale del principio vivente dell’Essere Universale che si auto-organizza dalla materia nella forma del vivente.

      Secondo Socrate, ispirata al mestiere della levatrice che aiuta la partoriente a dare alla luce il figlio, la maieutica era l’arte di far nascere la psiche. Il metodo maieutico utilizzato in generale nell’ontosofia psicosomatica è risolutivo in quanto fa rinascere, dall’intimo della individuazione ontico-esistenziale, il senso dell’Io Reale Ontico. Questa concezione sottende l’attuarsi terapeutico del principio di Ontosofia: consente all’individuo di partorire se stesso, la propria identità psichica. Nulla viene inculcato dall’esterno, nessun dogma a cui aderire, nessuna direzione consigliata, ma ogni cosa, affiora nella coscienza, sorge dall’essere in sè, perché è lì che dimorava. Conoscere vuol dire rimembrare, nel senso attribuito alla Dea Mnemosyne. Questo è il compito del Maestro interiore, far diventare ciò che si è. Nelle odierne pratiche terapeu­tiche spesso si reinventano metodologie che sono state presenti sin dai primordi della cultura occidentale.             

MEDITAZIONE PSICOFILOSOFICA

Si è persa nella mentalità scientifica occidentale la capacità di visione che ha permesso a Eratostene di misurare con buona approssimazione la circonferenza della terra e di stimare l’altezza della piramide; a Talete di prevedere il buon raccolto delle olive; ai pitagorici di iniziare l’aritmetica e la geometria, la musica e l’arte, la corretta posizione del rapporto fra sole e terra poi ripresa da Copernico e Galileo dopo 2500 anni; a Democrito di intuire l’atomo; a Parmenide di cogliere l’Essere, ecc.. L’attività dell’ontosofia, espressa come meditazione filosofica, vuole recuperare questa capacità dell’essere umano, evi­dentemente matura nei fondatori della cultura occidentale, come immagogia ad occhi aperti, ossia come stato di coscienza che già nel processo di veglia si muove visionando liberamente oltre le forme già costituite del pensiero, dell’invenzione e della situazione circostanziata.

Meditazione psicofilosofica, progettare senza aver bisogno del software hardware in 3D della moderna informatica o regia cinematografica, pur essendo importanti queste ultime quando si deve disegnare il progetto intuìto o l’ologramma dinamico condizionato nello psicosoma. “.

Pitagora e Filolao dissero che l’anima è accordo ….. dicono infatti che l’anima sia una specie di accordo perché accordo è mescolanza e composizione di contrari e il corpo è com­posto di contrari. Harmoniam: armonia nel senso di accordo . …armonia ì rapporto di numeri” accordo musicale esteso per analogia a tutte le cose e quindi anche all’anima. “(cfr. pag. 179 Pitagorici, testimonianze e frammenti a cura di M. Timpanaro- Cardini ed. La Nuova Italia 1962) “…i Pitagorici, per la purificazione del corpo ricorrevano alla medicina, per quella dell’anima alla musica. . .

Pitagora attribuiva somma importanza alla catarsi…. Cosi chiamava l’arte del guarire mediante la musica.”

     La Musicoterapia Psicosomatica riprende, unica al mondo nel contesto delle associazioni di musicoterapia, le concezioni scientifiche universali circa la terapia attraverso la musica (attività delle Muse) intuite sin dalle radici della cultura occidentale soprattutto nell’ambito della scuola pitagorica. Un buono stato di salute è reso tale dal corretto funzionamento delle nostre cellule. Per funzionare correttamente, le cellule devono comunicare armoniosamente tra loro, all’unisono: “tenendo presente che le cellule umane, la biologia, per funzionare correttamente devono tenere un certo ritmo, le nostre cellule devono coincidere, corrispondere o avere la libertà di creare il proprio ritmo in sintonia, in armonia con la terra, con le altre vibrazioni dell’ambiente, con gli altri impulsi sonori, il sole, la luna, tutto ciò che viene visto dai fisici come magnetismo in realtà sono onde, impulsi che hanno la possibilità di riuscire armonici o disarmonici, quindi di creare vita o morte, malessere o benessere. (F. Palmirotta: Musicoterapia Psicosomatica. pag.41). Ecco perché è possibile intervenire musicoterapicamente sulle disfunzioni psicosomatiche con il ripristino della continuità biologica cellulare, riarmonizzandole  in una ritmicità all’unisono.

      La pratica clinica in istituzioni pubbliche e private rende profusamente merito a quei primi maestri , molte volte del tutto omessi e mal citati (Pitagora e Aristosseno in parti­colare), della realtà e del valore della loro pratica e teoria recentemente dimostrata nel corso di 25 anni dalla scuola di Musicoterapia Psicosomatica, il tutto sistematicamente pubblicato e reso noto negli opportuni contesti scientifici e istituzionali dove peraltro, come ebbe a pro­nunciarsi il dott. G. La Coppola, funzionario de MIUR italiano, durante l’ultimo congresso “Rennaissance II ” presso l’Università di Bari dal 13 al 19 Maggio 2005 siamo stati stranamente osteggiati ma né letti né capiti. Come suol dire Francesco Palmirotta: “Nel nostro piccolo facciamo bene del bene, senza pretendere di essere santi o parrocchia di alcuna religione o tantomeno di avere la capacità dell’OMS e di organizzazioni similari“.                                                                                                                                             

METODO

L’Ontosofia Psicosomatica, si ricollega al senso etimologico implicito e comunemente non considerato della parola METODO, in riferimento al greco antico “metà odòs” (µετα οδοs). In questa espressione la preposizione “metà” viene intesa generalmente nel senso di “attraverso” o “per mezzo”, quindi “la via attraverso la quale”. Noi proponiamo per “metà” il significato altrettanto attendibile di”oltre”; metodo quindi viene a significare “oltre la via” (già tracciata o condizionata dai sistemi Accademici alienanti, diversi da quelli realizzanti).

Dicendo “cammino oltre la via conosciuta” si supera la fissità dell’oggettivazione meccano-riduzioni­sta di certa metodologia scientifica e la incongrua concezione (incongrua perché secondo una più recente rilettura, Cartesio ha fondato il senso dell’Essere nella filosofia della scienza e nella metodologia) circa il dualismo cartesiano di metodo e si sottolinea la necessità di rigovernare, dall’intendimento epistemologico, il senso della metodologia.

L’apporto intuitivo nel campo della conoscenza che viene dalla meditazione ontosofica circa il metodo, ripropone l’apertura degli orizzonti a chi ritiene opportuno e valido che la vita si progetti oltre, proprio nell’atto ontico quando coscientemente incarnato nell’esistenza.

MONADE

La monade come concezione di unità metafisica che fonda l’anima o psiche, il numero o altre configurazioni formali, risale non tanto a Leibniz, ma al Pitagorismo. ” ….Certo è che fin dall’inizio il numero appare concepito come una serie di punti (estesi), e lo spazio come una estensione che può tutta esprimersi ed esaurirsi in una somma di monadi; sicchè l’aspetto geometrico e quello aritmetico del numero vengono ad essere iscindibili (una concezione che spiega il perché Leibniz e Newton concepirono il calcolo infinitesimale attraverso due vie o intuizioni apparentemente diverse: quella geometrica e quella aritmetica). Per usare la felice e penetrante espressione del Rey, la concezione originaria della dottrina pitago­rica fu una “aritmogeometria”: pertanto l’associazione del dispari col termine, e del pari con l’indeterminato rispecchia, a nostro avviso, non uno stadio di coscienza-conoscenza contemporaneo a Filolao, come pensò lo Zeller, bensì anteriore o addirittura originario. Il numero pitagorico si pone fin da prin­cipio come numero spazio, numero figura; e il dualismo è tra le cose che sono spazialmente determinate e il cui contorno è segnato da una serie di punti estesi, e lo spazio esterno indeter­minato che è essenzialmente il non numero.( Pag. 88 Pitagorici Testimonianze e Frammenti Vol II di Maria Timpanaro Cardini,)”.

La decade ” Fede” anche è chiamata, perché secondo Filolao, noi abbiamo salda fede nella decade e nelle sue parti riguardo a ciò che esiste, quando esse siano comprese in modo non superficiale. Perciò può essere chiamata anche “Mneme” (memoria, reminiscenza), per le stesse ragioni per cui anche la monade ebbe il nome di “Mnemosyne”. A ragione Filolao la chiamò “decade” in quanto atta ad accogliere l’interminato (cfr. pag. 139 dell’opera già citata).

A Pitagora la dossografia attribuisce la definizione dell’anima come “numero semovente”, che si deve invece a Senocrate. Ai principi di monade e diade è legata la serie derivata punto-linea-superficie-solido, generalmente attribuita ai pitagorici; da monade e diade derivano i numeri, da questi i punti, le linee, i piani e i solidi. La monade è correlata con il punto, defi­nito “Monade avente posizione” e i numeri 2, 3 e 4 con linea, superficie e solido. In sesto Empirico si trova una variante, attribuita ai pitagorici “più recenti”, secondo cui dal punto, per scorrimento (rhysis), si forma la linea, da questa il piano, da cui il corpo tridimensionale, da questi i sensibili, cioè i quattro elementi acqua, aria, terra, fuoco e in generale il cosmo, retto da armonie numeriche. La teoria del rhysis è già esposta quanto a punto – linea – piano nel de Anima di Aristotele, dove è anonima , essa può essere fatta risalire ad Archita. Questa teoria è connessa con la dottrina della tetrade come fonte della eterna natura universale, la tetrade risulta essere formata dai primi quattro numeri 1, 2, 3 e 4 che danno luogo al numero per­fetto, il dieci, e racchiudono in sé le tre consonanze fondamentali che danno luogo al sistema dell’armonia. In alcuni casi è attribuita a Pitagora la correlazione dei primi quattro numeri con altrettante forme di conoscenza, l’1 con il nous, il 2 con l’episteme, il 3 con il doxa, il 4 con l’aisthesis. (cfr 137/138 I Pitagorici di Bruno Centrone Edizione Laterza 1996).

MUTANTI

Si dice dei sintomi che non vengono risolti alla radice e che pertanto si ripresentano sotto altre forme (cfr W.Pasini, Intimità). Il sintomo in quanto mutante, può dare sfogo a sogni o deliri fantascientifici di mostri o creature d’altri mondi che infestano, schiavizzano, vampirizzano il genere umano come ci mostrano molti film di fantascienza. Bisognerebbe decodificare attraverso la legenda psicosomatica di una sana filmterapia ontosofica il rap­porto tra certe creazioni artistiche in campo cinematografico, letterario, figurativo ecc. e il benessere-malessere provocato nei presenti ..un po’ come Federico Zeri (il famoso cri­tico d’arte) percepiva il falso artistico di una statua del museo Getty attraverso un senso di repulsione e malessere psicosomatico come il suo collega B.Berenson (cfr. il periodico della “Macchina del tempo” pag. 87 dic. 2005 n.12 annoVI vespina edizioni srl).

Ma nella genetica MUTANTE assume un altro significato : “A questa localizzazione seguirà lo studio mole­colare della zona di DNA così individuato, che verrà donato, mappato ed eventualmente sequenziato per fare l’inventario dei geni che contiene. Promossi a “geni candidati”, questi verranno allora analizzati in una serie di malati e di persone sane: l’epilogo si avrà il giorno in cui uno di essi risulterà sistematicamente modificato (mutato, inattivo, parzialmente cancellato…) nei malati. Avremo, allora, il gene che (nella sua forma mutante) induce in queste persone una accresciuta vulnerabilità alla psicosi. Questa conoscenza verrà, quindi, utilizzata per far progredire contemporaneamente la conoscenza della malattia e la sua cura. Purtroppo, la storia della ricerca sui determinanti genetici della psicosi maniaco-depressiva ben lungi dall’avvicinarsi a questo schema ideale. Come faceva notare David Botstein (uno degli inventori della genetica inversa) in uno studio storico, l’andamento dei lavori assomiglia di fatto alla malattia stessa, con fasi di eccitazione in cui si crede di raggiungere un risultato, seguite da periodi depressivi in cui i risultati preceden­temente acquisiti si rivelano falsi e in cui domina lo sconforto. La localizzazione della malattia, a partire dal 1969, è stata oggetto di dozzine di pubblicazioni nelle migliori riviste scientifiche, presentando inizialmente serie garanzie. Ma questi dati sono decisamente contraddittori: indi­viduano il gene ricercato a volte sul cromosoma X, a volte sull’11, sul 5, sul 21, sul 12, sul 18… Anche quando uno stesso cromosoma viene individuato da studi indipendenti, le regioni poi non coincidono.

Si tratta, peraltro, di lavori realizzati da gruppi seri e che, dopo l’attento esame di indiscutibili referees (scienziati incaricati dalle riviste di esaminare la validità dei manoscritti presentati), sono stati giudicati degni di apparire su queste pubblicazioni dall’ottima reputazione.

E’, d’altra parte significativo, osservare il cambiamento di tono di questi articoli nel corso degli anni. Dall’affermazione decisa del 1987: “Un legame genetico tra marcatori del cromosoma X e la psicosi maniaco-depressiva (bipolar affective illness), si arriva, nel 1994, a un’ipotesi molto prudente: “Un possibile locus di vulnerabilità sul cromosoma 21q22.3”. Da oltre vent’anni le ricerche su questa malattia non raggiungono grandi risultati e sembrano rappresentare uno scacco della genetica inversa. Quali sono le ragioni? (Bertrand Jordan : Gli impostori della genetica – Grandi Tascabili Einaudi – 2002 – 13 Eu (1a ediz. Francese: edition de Seuil – 2000) Capitolo,sesto Un episodio maniaco-depressivo).

Quindi, per “mutante”, possiamo significare un processo ideativo, paradigmatico presente anche nella mente di una classe di scienziati che commettono un “errore iniziale” nelle loro ipotesi di ricerca e persistono nello stesso, mutando sempre in senso alienante la logica irreale che li sottende : è il caso di certi genetisti che sposano indissolubilmente la loro filosofia di ricerca ad un determinismo assoluto oppure trattasi di certi sacerdoti che si legano all’idea del diavolo, o certi psicoanalisti che si legano al complesso di Edipo o al concetto di tranfert e controtranfert e così via.

NUCLEOTIDE OLOGRAMMATICO

È una rappresentazione multidimensionale, virtuale, alienante, clonata dalla realtà nella stessa realtà ma priva di intenzionalità ontico esistenziale, ossia di amore per la vita o di armonia per l’essere esistente.

Come nella parola ominide in cui il suffisso -ide implica un significato generalizzato, estensivo ad altre forme esistenti di uomo non completamente evolute secondo il metro di misura psicobiologico dell’homo sapiens, per nucleotide si intende il riferimento a virtualità nucleiche portatrici di contenuti condizionanti l’energia che non fanno evoluzione vitale nella sfera psichica-psicosomatica. Per questo motivo il termine nucleotide è accompagnato dall’ag­gettivo ologrammatico, il che specifica l’attinenza con l’energia cinetica e fotonica e, quindi, con l’eidetica psichica. Si confronti a questo proposito la concezione delle immagini presso Democrito, i pitagorici e, successivamente, Filone D’Alessandria.

I luoghi psicosomatici di interferenza complessuale sono gestiti da imput alienanti prove­nienti da formulazioni apocrife (e altrettanto alienanti) della soggettività psicocorporea. L’in­dividuo, il suo cervello e il sociosistema (materia, sfere di vita, natura), sono usati come schermi di proiezione ologrammatici di una realtà non reale (virtualità aliena, schizofrenica).

Le autentiche intelligenze si evolvono nonostante tutti questi nucleotidi “sparati fotoni­camente”, attraverso i vari sistemi di comunicazione (mass-media), nello psicosomatico del corpo proprio e nella propriocettività psicorganica dell’ecosistema.

Il nucleotide ologrammatico è una sorta di vortice di Bérnard in chiave psichica (Edgar Morin, 1994: “Bernard ha appunto dimostrato sperimentalmente che certi flussi termici in condizione di fluttuazione e di instabilità, cioè di disordine, possono trasformarsi spontanea­mente in struttura o forma organizzata”).

Il messaggio-imput è: 1) sei un vivente o una cosa disorganizzata e caotica; 2) io ti orga­nizzo e ti strutturo per evolverti; 3) prendo la tua energia per fare questo ( ma l’energia del vivente non ritorna ad esso come quando l’interazione si attua per un progetto di crescita ontico-esistenziale in cui si fruisce della reciprocità motivazionale di una energia d’insieme volta alla realizzazione di un fine vitale).

Il risultato è sempre una relazione disarmonica, apparentemente evolutiva ma, in realtà, né creativa né innovativa, né vivente né coincidente con l’Armonia delle Sfere d’Azione, che non produce una situazione di dipendenza vitale ma di schizofrenia alienante.

ONTOPOIESI VISCERALE

La saggezza d’amore dell’essere umano è il frutto di cui è gravida la terra del prossimo terzo millennio: Ontopoiesi Viscerale. Nella antica concezione ebraica il termine “anima vitale viscerale” veniva identificato con ruah ( R. B. Onians – le origini del pensiero europeo) che viene più volte citata nell’Antico Testamento da Giobbe e da Ezechiele. Fin dai tempi dei babilonesi il ventre veniva indicato  come la sede delle emozioni più profonde e dei nobili sentimenti come la pietà intesa come pietas, compassione. In un passo della Genesi viene riportato riguardo l’incontro di Giuseppe con il fratello Beniamino: ” e le sue viscere si commossero per il fratello”. Gli arabi identificavano questo “spirito vitale” che abita il ventre con il termine Gann. Questi erano responsabili dell’amore e della profezia. I Settanta ( i primi autori delle varie versioni bibliche), per indicare la concezione ebraica della capacità profetica legata al ventre, utilizzavano il termine di εγγαστρίμυθοι(engastrimyuthoi= voce dell’ anima viscerale o sintesi olistica del cervello enterico viscerale cfr. Michael D. Gershon, MD “The Second Brain” HarperPerennial edition 1999).Di derivazione greca, il termine indica : “ la divinazione (μαντεία –mantéia ) dal ventre (γαστήρ – gaster)  ”e così, nell’Antico Testamento spiegavano la figura del Profeta che mangia la Sophia, che ingerita andava nel ventre. Engastrimite venivano chiamate le sacerdotesse di Apollo che si narra profetassero emettendo suoni dal ventre, venivano poi raccolti dai sacerdoti uomini ( engastrimandi). I greci conferivano grande importanza a questi spiriti nel ventre che costituivano la “psiche profetica”. Nel santuario di Apollo a Delfi, la divinazione era affidata ad una sacerdotessa, la Pizia. Le profezie venivano pronunciate dalla sacerdotessa che sedeva su una pietra circolare posta su un tripode. Alcune versioni di Pausania, narrano che durante la divinazione, un “vapore” da una profonda fenditura in una roccia, pervadesse la Pizia la quale veniva definita “incinta dello spirito”. ( Dizionario della mitologia greca e latina- A. Ferrari).

      L’Essere Io Reale, Io Reale Ontico parla e fa continuamente l’atto dell’esistere individuo dalle viscere del senso psicosomatico. Al cervello viscerale, sono affidate tutte le decisioni “inconsce”, spontanee, quelle appunto che generalmente si definiscono ” di pancia”. Questo è influenzato dal cervello cefalico, dall’ambiente esterno, dal cibo e influenza, a sua volta, l’encefalo, il sistema endocrino e quello immunitario. Molti sintomi psicosomatici, come la sindrome da colon irritabile, o malattie più gravi come quelle legate alle immunodeficienze, non sono altro che comunicazioni difettose tra i due cervelli, secondo l’ipotesi della presenza di un asse “pancia- testa”  ( Gershon- the second brain).

Si spiegano così, i risultati, clinici di remissione sintomatica sia spontanea che ottenuta nel setting dei diversi approcci terapeutici basati sulla psicosomatica, le neuroscenze, il comportamentismo, cognitivismo, l’ipnosi,il tarantismo e la danza musicote­rapica, il body-work e tutte le terapie basate sui chackra o sui centri energetici della corporeità umana e oltre. In sintesi nella recente terapeutica si sta inevitabilmente emancipando il signifi­cato antico, etimo, originario di therapeia come rispetto del dono autorigenerante che l’Essere ha in Sè e dal profondo atto della propria intelligenza rigenera l’ armonia psicosomatica: Onto­poiesi Viscerale oltre ed entro ogni didattica, tecnica, metodologia terapeutica.

Bisogna sottolineare comunque che l’idea dell’ontopoiesi si trova in Husserl e nell’odierna evoluzione della fenomenologia anche se non nell’accezione data nel contesto dell’ontosofia psicosomatica.

ONTOS – SOPHOS – LOGOS

Sulla differenza intenzionale tra Logos e Sophos, molto si può dire a partire dalle ideologie laiche o religiose che, di volta in volta, hanno eletto nella storia il Logos a principio primo e relegato il Sophos a superficie razionale, mentre in realtà la Saggezza dell’Essere è nata prima del suo verbo e comunque ne guida l’azione verso il fine.

Logos è la parola, il verbo e anche la capacità intellettiva. Oltre all’odierno e, oramai quasi esclusivo, significato di parlare, raccontare, il verbo ” leghein” aveva anche il senso-significato di accogliere e ascoltare. Il Logos era di tutti gli uomini, era per ed in tutti gli uomini e il vero saggio era colui che lo riconosceva . Secondo Eraclito (Efeso, 535 a.C. – 475 a.C.) che riteneva di non essere compreso perché la gente si sforzava di ascoltare lui e non l’Essere in lui,  non è il singolo individuo ad enunciare la verità,  ma l’intelligenza (logos) stessa . L’individuo diventa così grazie al proprio logos, testimone del Logos divino, che altro non è che realtà cosciente. Lo stoicismo iniziò una vera e propria filosofia del Logos, con il suo rappresentante Cleante (III°sec.a.C), che portò avanti la teoria della  ” ragione seminale” , discussa nel suo ” Inno a Zeus” secondo la quale vi era un principio attivo che infondeva la vita nella materia animandola, una ” mens agitat molem” ,( concetto ripreso anche da Virgilio nella trattazione dell’Eneide con il significato di spirito che vivifica la materia), che è la causa della determinazione degli enti dal più grande al più piccolo e del loro ordinamento funzionale secondo un comune sentire universale  del vivere ” secondo natura”. In un testo registrato da Diogene Laertio (180-240-d.C.) come risalente al I sec a.C., l’anima sarebbe composta  da vapore ( atmòs) e sarebbe abitata dai λόγοι( lògoi) definiti i “ venti dell’Anima”.

Secondo l’antica concezione pitagorica, noi diveniamo “intelligenti” introiettando il Logos divino mediante inspirazione. Di notte il contatto con il Logos è mantenuto attraverso la respirazione che funge da radice tra l’uomo e il mondo divino. Come affermava il pitagorico Alcmeone di Crotone ( VI sec a.C), le cavità del corpo umano, attraverso le quali si ricevono le percezioni sono piene di ” spirito naturale” ( R.B.Onians, Le origini del Pensiero Europeo).

  Approfondendone l’aspetto epistemologico, possiamo verificare che il termine Sophos – inteso come energia psichica, intenzionalità del vivente – nasce nella storia e nella cultura prima di Logos ed ha un significato più esteso e più radicalmente cosmico. Ma perché è importante sottolineare che, nella storia del linguaggio indoeuropeo, sophos è antecedente a logos? La Sophia intesa dagli “Antichi” ( presocratici e pitagorici) era una Saggezza attiva applicata nel quotidiano. La Sophia era un Essere Vivente. Non si trattava di astratta conoscenza e, la sua ricerca, non consisteva in una ” sete di conoscenza”, come la chiameremmo oggi,  ma era una ricerca dell’ Uomo verso l’Universo-Uomo. L’uomo quindi sapiente, il Sophos ( saggio), adoperava questa saggezza nella e per la comunità indirizzando intenzionalmente l’energia della parola e del suono, vivificandoli. Secondo il filosofo Pitagora (571 – 496 a.C.) il Sophos era colui che dedicava la sua vita all’Alethèia, ( ἀλήθεια ) la Verità o meglio lo “ svelamento dell’Essere”. I ‘sophòi’, erano uomini in possesso di una conoscenza che non era frutto di raffinati intellettualismi, ma di una sincera pratica introspettiva con finalità ascetiche . “[…] difatti non si può diventare diversi da ciò che si è. Chi è dunque il Saggio? Colui che agisce colla sua parte migliore”  ( Plotino- Enneade terza , IV)cfr. i Trascendentali: il Bello, il Vero, il Bene.( cfr. Paltone, Filone di Alessandria, Frammenti Pitagorici, Maritain, San Tommaso D’Aquino).

         In tutte le culture ritroviamo la descrizioni di uomini “extra-ordinari, saggi” capaci di acquisire conoscenze e poteri tali da poter incidere positivamente sia nelle singole individualità che in grandi collettività, ne sono un esempio le grandi anime dell’umanità nelle varie civiltà epocali. Nell’ antica Grecia gli stati di ” ispirazione” poetica erano strettamente correlati alla pratica di queste tecniche (τέχνη, techne: arte di saper fare), ne erano una naturale conseguenza. Non di rado i “poeti” erano anche in possesso di capacità profetiche a testimoniare che era la medesima sorgente superiore la fonte di alimentazione e ispirazione. 

          Di questo ci testimonia Platone (427 a.C. -347 a.C ) nel frammento 719 delle “Leggi“, tra gli ultimi dialoghi da lui scritti prima della sua morte: ” È un vecchio detto che quando un poeta è seduto sul tripode delle Muse, non è nei suoi sensi ma egli è come una fontana che dà libero corso all’acqua che vi sgorga”. Ciò nonostante il senso della sophia è stato rimosso e svuotato di senso vitale. E’ stata invece la cerebrofrontale Logi(c)a (e nemmeno il Logos) ad evolversi e ad avere importanza rilevante nella cultura e nella scienza, così come nelle relazioni terapeutiche e non. “Il terapeuta ha cura della sua etica (ethos – ἔθος  attraverso la cura dell’essere trascendente e immanente nel vivente. Questa therapeia, cura, agisce dall’essere terapeuta l’amore terapeutico, Eros Therapon, lasciando scorrere dalla sorgente dell’essere l’eidos di tutti gli dèi, immagini archetipiche dell’essere negli esseri umani) che lo rende un essere puro sano e semplice, un saggio”.  (J.Y.Leloup: Aver cura dell’essere, Ed. Arkeios)

ONTOSOFIA= L’ESSERE SAGGEZZA

        Il senso dell’essere è concepito dai padri filosofi della cultura occidentale Parmenide in primis; quindi questo senso viene ripreso come ontosofia (saggezza dell’essere) da Lobkowitz, Ferrater- Mora, Clauberg e Genovesi tra il 1500 ed il 1700 circa ( da Genovesi fino al 1900 l’ontosofia viene sostituita da ontologia e dal 1700 si ha una rimozione del Sophos, saggezza, connesso all’essere, con le conseguenze evidenti della sottovalutazione della saggezza del vivente e, quindi, cosificazione della stessa e l’inquinamento delle coscienze che, a loro volta, inquinano il pianeta.      

       Maritain tratta di ontosofia nel 1900 e Palmirotta dal 1980 deduce ed evidenzia il principio di ontosofia psicosomatica nella clinica psicoterapica. Infine dopo circa 10 anni dalle sue pubblicazioni, Coda e Grandi pubblicano di Ontosofia riferendola soprattutto all’ambito teologico e metafisico. L’ontosofia, comunque, ricorre in alcuni scambi tra Ratzinger e Habermas e ancora tra Possenti e Coda ma nessuno di questi autori tratta l’ontosofia come un principio psicosomatico nella clinica psicoterapica. L’ontosofia psicosomatica risulta essere l’intuizione ed il tentativo riuscito, di riportare la teoria e pratica scientifica delle discipline preposte alla salute, ( psicologia, psicoterapia, medicina ecc) alla filosofia ( amore per la saggezza) e di rimettere al centro della vita umana il senso dei sensi: la saggezza propria dell’Essere come naturalmente concepita in ogni civiltà della ragione ed in armonia con la propria Terra.

      Fin ad oggi la nostra esperienza associativa ( AOP) circa l’ontosofia psicosomatica, è stata gratificante dal punto di vista clinico-scientifico per il benessere ricreato in molte persone ma dalla giustizia amministrativa, attraverso la sentenza n. 4828/2017 del 18-10-2017 del Consiglio di Stato, possiamo dire che è stata: persecutoria , ingiusta , paradigmatica e di parte, (da vent’anni abbiamo subito uno ostracismo da parte delle istituzioni preposte). C’è, evidentemente una intenzione precisa nell’inibire la creatività psicoterapica dell’ Ontosofia (dei membri dell’AOP), che in circa 40 anni di attività clinica, ha dimostrato di ricreare il benessere autogeno, e quindi di ridare nelle mani degli utenti, la capacità della propria salute, psichica e psicosomatica.

      La professionalità scientifica basata comunque sul valore storico filosofico e la terapeutica dell’ Ontosofia Psicosomatica, vuol essere una risposta risolutiva sul piano teorico pratico a quella “Crisi delle scienze europee”, e in particolare della medicina e della psicologia, annunciata da Husserl.

     C’è una evidente crisi nella psicoterapia, per questo il Consiglio di Stato ha già ratificato la incongruità del Ministero, MIUR: “ In particolare, il Consiglio di Stato, precisava che la corretta ottemperanza alla prefata sentenza determinava, in capo all’Amministrazione, l’effettuazione dei seguenti adempimenti: “previa individuazione, con atto regolamentare, di criteri specifici sulla base dei quali valutare il parametro della validità dell’indirizzo metodologico e teorico-culturale degli Istituti che intendono chiedere il riconoscimento per l’istituzione e l’attivazione di corsi di specializzazione in psicoterapia, le evidenze scientifiche che ne dimostrino l’efficacia, il riconoscimento del predetto indirizzo metodologico e teorico-culturale in ambito scientifico nazionale, nonché graduazione degli stessi; – successiva rinnovazione del giudizio sulla istanza di riconoscimento dell’Istituto ricorrente sulla base dei criteri previamente definiti di cui al punto precedente”.        

     Quanto precisato dal Consiglio di Stato a conferma che il MIUR non ha i criteri scientifici per l’approvazione delle scuole di psicoterapia e nulla ha fatto in tal senso dacché è stata istituita la Psicoterapia in Italia ( ergo con quali criteri sono state approvate le tante scuole di psicoterapia italiane?). D’ altra parte, come potrebbe una commissione ministeriale, propendere per i criteri scientifici se uno dei suoi presidenti, che per tanto tempo l’ ha presieduta, scrive :

”La correzione di un franco stato psicosomatico in alcun modo si può risolvere spontaneamente , sotto la spinta della Vis medicatrix naturae, ed è anche IMPOSSIBILE per le procedure terapeutiche attualmente conosciute, che al massimo possono raggiungere un contenuto parziale e precario, cioè sintomatico, delle manifestazioni cliniche”.

( L. Ancona “ La mia vita e la psicoanalisi” pag. 228 Ed. Magi 2003)

      Il paradigma è servito, e non solo, ma anche condizionato in tutte le scuole italiane di formazione psicoterapica e, da questo, nelle coscienze degli utenti.

      È questo che l’ontosofia intende per in inquinamento delle coscienze che, inquinano, il senso della vita del pianeta.

      Il principio di Ontosofia Psicosomatica è stato, all’inizio,  una deduzione logica da una serie di esperienze cliniche, passando attraverso le concezioni e le pratiche della psicologia e psicologia umanistica di Malsow   ( psicologia dell’Essere), Rogers ( la terapia centrata sul cliente), Rollo May ( psicologia esistenziale ), Erich Fromm ( avere o essere). Passando e meditando clinicamente l’idea di tendenza all’autorealizzazione, Francesco Palmirotta, deduce la possibilità di un principio di saggezza psicosomatica, seppur inconscio, nel cliente in psicoterapia, e con questa idea portante si muove nella pratica clinica, ad oggi quarantennale, per risolvere diverse casistiche psichiche, psicosomatiche e  apparentemente somatiche.

      Per quanto detto sopra, noi dell’Associazione di Ontosofia Psicosomatica proponiamo il criterio del caso risolto secondo la metodologia razionale scientifica oggettiva di una diagnosi prima del trattamento e una diagnosi dopo il trattamento e ancora un follow up di almeno 5 anni da cui si verifichi l’eliminazione del sintomo d’ingresso alla psicoterapia e/o la non conversione dello stesso in un altro sintomo. I sintomi psichici e/o psicosomatici possono essere trattati e risolti o eliminati utilizzando una cura o terapia esclusivamente psichica? Ossia la psicoterapia è cura e trattamento della psiche mediante la psiche? Etimologicamente dovrebbe essere così!

      Euristicamente, l’Ontosofia Psicosomatica, dimostra che è così in 40 anni di clinica. Altrimenti potremmo chiamare psicoterapia, ad esempio, la farmacoterapia che, potremmo ipotizzare, fino ad un certo punto complementare ma non elettiva nel trattamento delle malattie psicogene e nelle psicosomatosi. Chiaramente, questo modo di filosofare clinico scientifico, implica la evidenza che la psiche è reale nella propria dimensione psichica e psicosomatica.

      Evidentemente cade il paradigma nichilista, materialista, meccano riduzionista che vede la psiche come un’ipotesi ingenua residuo di un’ animismo infantile, sciamanico, esoterico, occultista, di settarismo religioso e non. Lo stesso Piaget cadde nella trappola concettuale ascientifica di quel paradigma. Molti autori famosi hanno pagato e fatto pagare, alla propria e altrui umanità, il danno della non considerazione della Realtà Psiche.

      Freud fu un altro di questi: ebbe circa 19 anni per avvedersi che il sogno che gli diagnosticò il cancro era reale messaggio della sua psiche.  Sappiamo tutti con Kuhn la potenza ipnotica dei paradigmi scientifici nella socio cultura e nelle Accademie scientifiche di ogni luogo e tempo. Il fatto che un presidente della commissione preposta al riconoscimento delle scuole di Psicoterapia pensi che non sia possibile risolvere un sintomo, con la psicoterapia, rappresenta un paradosso lapalissiano di un paradigma ascientifico o prescientifico che considera la psiche irreale o quantomeno un’ipotesi assurda di un riduzionismo laico-religioso della fondante realtà dell’essere umano (la psiche): una realtà che neanche la psicanalisi e le teorie di pratiche e scienze dedite allo studio e ricerca nel campo sono riuscite a dimostrare secondo Ancona. (..cfr.ibidem pag.) Una contraddizione storico scientifica se consideriamo la legge 180 promossa da Basaglia e le ricerche che dimostrano la regressione naturale o la guarigione psicoterapica di disturbi psicogeni un fatto che dimostra l’autopoiesi ( cfr Maturana e Varela Nobel) psicosomatica e che lede il business degli psicofarmaci (inutili e non di quelli utili) delle Big Pharma. L’Ontosofia Psicosomatica invece afferma che la psiche è realtà dell’essere umano e la psicoterapia è elettiva procedura per il trattamento delle malattie psicogene e psicosomatiche.

      Ma bisogna sottolineare che, la nostra scuola, non è l’unica ad affermare e dimostrare quanto sopra. Per questo motivo propone, nella formazione del futuro psicoterapeuta, la dimostrazione che l’allievo maturi un’inclinazione naturale, razionale, oggettiva e pratica, nel risolvere o eliminare o migliorare il sintomo psicogeno o psicosomatico all’ingresso della terapia.

      Potrebbe sembrare, ad una mentalità meccano-riduzionista, una posizione radicale, ingenua, fantasiosa e non oggettiva ma alternative di oggettività scientifica, quella mentalità riduzionista, non ne ha mostrate nel corso di più di 200 anni di imperante pratica paradigmatica sulla umanità sofferente che paga ancora oggi la Malattia psicogena con la morte dell’anima (psiche)e del corpo ( vedi articolo de: “Le Scienze numero 345 maggio 1997 pag.76: la sfida globale della psichiatria” ). Si dovrebbe a questo punto riconoscere quasi per esclusione la realtà della psiche nella pratica delle psicoterapie autentiche e L’Ontosofia psicosomatica che afferma la realtà di un principio di saggezza dell’essere, è sicuramente tra quelle psicoterapie autentiche.D’altra parte come si risolve la crisi della medicina e della psicologia sottolineata da Husserl tra le scienze europee in crisi di identità per aver perso l’oggetto della loro ricerca e pratica? (Cfr. Husserl “ La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale )

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ONTOS (οντος) essere

 Dalle concezioni filosofiche di Pitagora, Parmenide, Socrate, Plotino, si individua il concetto di Essere, secondo l’idea degli antichi maestri vissuti in Grecia e in Magna Grecia. Sophos (σοφος)= saggezza, è l’etimo del suffisso originario cui si conformano molte parole o correnti di pensiero che si riferiscono al sapere, alla conoscenza utilizzabile per fare il bene o armonia vitale…quando Pitagora coniò il termine filosofia intendeva così. (cfr. Pag. 103 M. Timpanaro op.cit. e ancora pag. 237…. La virtù è armonia e cosi pure la salute e ogni bene e cosi pure la divinità …onde anche secondo armonia è composto il tutto).

 Bisogna ancora aggiungere che Pitagora coniando per primo il termine “filosofia” disse di se di non appar­tenere alla categoria dei filosofi “figli o amanti della saggezza” in quanto assumendo (come realisticamente potremmo) per veritiere le notizie contenute nei”PITAGORICI TESTIMO­NIANZE E FRAMMENTI di Timpanaro – Cardini, Egli piuttosto poteva considerarsi un ontosofo oppure ontosofista ossia un essere saggio, semplicemente sophistès (cfr. pag.58 de “Le   Tracce del Pensiero dalle origini alla Scolastica” vol. I di N. Abbagnano e G.Fornero ed. Para­via 2005 “Anticamente il termine “sophistès” =sapiente era sinonimo di SOPHOS =saggio e alludeva a un uomo esperto , conoscitore di tecniche particolari e dotato di una vasta cultura generale.Con questo nome si indicavano ad esempio i Sette Savi , PITAGORA e quanti altri si segnalassero per una qualsiasi attività teorica o pratica.

“L’Arte sofistica fu esercitata in tempi antichi e recenti da Omero, Esiodo, Orfeo, Museo” (cfr. pag.868 del Dizionario enciclopedico di filosofia Lucarini op.cit.).

Nella storia della filosofia, il termine Ontosofia, era più in voga di ontologia almeno fino al 1691 anno in cui fù pubblicata in Germania l’Opera Omnia di Johannis Claubergii (Johann Clauberg) cartesiano rettore dell’Università di Duisberg…

L’ontologia (rispetto all’Ontosofia) fù adottata dai cattolici per differenziarsi dai protestanti (e quindi definitivamente anche da i protestanti che “si vedranno costretti ad attingere al patri­monio comune cristiano,come avverrà al neo -luteranesimo germanico del sec.XIX “cfr. M. Bendiscioli pag.884 del Dizionario enciclopedico di filosofia Lucarini 1982 ed. Le Lettere) durante le lotte religiose-filosofico- riformistiche soprattutto poiché il concetto di essere =ontos era troppo vicino o più esteso dell’idea parola Dio (comunque derivata da Dioniso pagano e delfico) e perché avrebbe rivelato la derivazione di tanta teologia-filosofia cristiana dai filosofi greco-italioti o neo-platonici.

Riporta L. Ancona, a pag.415 de “La mia vita e la psicanalisi” ed.Magi 2003″ Il cristiane­simo ufficiale ha sempre più estraniato la realtà religiosa dalle psiche dell’uomo: ciò ha avuto inizio col programma dei primi apologeti cristiani nel loro comprensibile sforzo di distinguersi dai miti del mondo pagano (ecco perchè engastrimuthoi, l’anima viscerale è stata rimossa volutamente, perché l’autoresponsabilità e la autogestione della salute è scomoda a tutta la centralizzazione dittatoriale di ogni tipo di potere religioso o laico- dalla esegesi e/o apostolato dei primi discepoli di Gesù cfr. S.Paolo e cfr. Dodds oppure Onians ndr.) ma si è sciaguratamente sviluppato con la costruzione della fede nella riconciliazione con Cristo sul fondamento di una lotta sempre crescente contro se stessi contro quanto vi e’ di pagano nella psiche umana e (perciò) contro le visioni, le ispirazioni le intuizioni dell’ inconscio ( …) facendo così correre alla religione della redenzione e della libertà il rischio inevitabile di diventare una religione dell’ossessione, della mancanza di libertà e della malattia psichica.”

Maslow, Rogers May, Arons, sono arrivati alla Psicologia-Saggezza dell’ Essere Viscerale, nonostante l’oscurantismo applicato negli ultimi 2500 anni perché Esiste , perché C’E’ l’ontos -sophos in ogni essere umano come principio psiche -soma (ontosofia psicosomatica) e non si può nascondere quello che esiste fisiologicamente , filosoficamente e scientificamente. Per questo negli ultimi anni dopo Parmenide, Pitagora, Platone, Plotino, ne hanno parlato anche altri autori quali R,B.Onians, Caramuel de Lobkowitz, J.Clauberg , A. Genovesi e altri….come il sottoscritto francesco palmirotta

Scrive Ferrater-Mora:” Following Wolff, Alexander Baumgarten (Metaphysica, 1740) defined ontology (also called ontosophia, metaphysica, metaphysica universalis, architectonica, philos­ophia prima) as “the science of the most general and abstract predicates of anything” (op. cit., § 4), in so far as they belong to the first cognitive principles of the human mind (ibid., § 5). Kant launched an epoch-making attack against rational ontology in the sense of Wolff and Baumgar­ten; for ontology was to him both a pseudo-science and a temptation. He was convinced that he had succeeded in eliminating it by the “transcendental Analytic.” The whole Critique of Pure Reason is, in a way, the work of a man who was obsessed, and deeply distressed, by ontology. On the other hand, the expression ‘ontological proof’ (ontologischer Beweis) used by Kant is not a mere alternative expression to ‘Anselmian proof’; it is intended to emphasize the very nature of the proof. Since Kant is at the crossroads of modern thought, it is important to know what he had in mind when he decided to overthrow the ambitious projects of rational ontologists. An examination of the origins of the concept of ontology is an indispensable step in the clari­fication of Kant’s thought.

Although the concept of ontology preceded the word ‘ontology,’ it can be assumed that only when such a word (or the alternative word ‘ontosophy’) came into use, could philoso­phers begin to understand fully all the implications of the concept.

Aristotle and the commentators of Aristotle in the Middle Ages and at the beginning of the Modern Age (e.g., Thomas Aquinas, Jacobus Zabarella, Cardinal Cajetan et al.) recognized that ens can be said in various ways…..

…Contrary to the contentions of Gilson, Eucken, and Pichler, this happened before 1647, namely, before Johann Clauberg published his Ontosophia…..

…..’Metaphysics’ (Metaphysica) is often another name for philosophia realis, particularly if the latter is supposed to deal with objects-“real objects”-in a most general sense of ‘real,’ namely, as whatever can become the subject of a true or false proposition. It is often assumed (as Johann Clauberg forcefully pointed out) that whereas Metaphysica is, comparable to the semen or porta of knowledge, Logica is comparable to a manus or a via. Metaphysica is a disciplina theoretica & contemplatrix, whereas Logica ad practicas & operatrices accedit. Both disciplines are, indeed, primae, but, writes Clauberg, inter Metaphysicae ac Logicae subjectum infinita est distantia, quatenus nullum esse reale commune habent. In short, Metaphysica omnia scit, Logica nihil scit (Ontosophia, pp. 235-311, especially p. 297). Now, most divisions are presented as branches of the “theoretical” (“real”) science, which is philosophia realis and, at its apex, Metaphysica. Among other branches we find, besides, Physica, Medicina and Theologia-clearly traditional-Angelosophia (on angels), Anthro­posophia (on man), Aperantologia (on the reality that is both created and infinite). The three last names were coined by Juan Caramuel de Lobkowitz (op. cit., infra) to designate three different, and in his opinion quite important, branches of Metaphysics….

….The concept of ontology will appear as designating the “theoretical science” in so far as it has not yet been divided into branches. Unfortunately, this does not yet sufficiently clarify the meaning of ‘Ontology’ as it was first introduced, for, despite the claims that the “theoretical science” in question is, as Clauberg once maintained, “at an infinite distance” from “rational [purely rational, namely, logical] knowledge,” it will be increasingly common to cram logical principles into “ontological principles.” This is probably due to the fact that Ontology was also considered as purely rational, but since Ontology was to deal with reality (although with reality as such, and not any specific types or parts of it), the distinction between Ontology and Logic appeared considerably less clear than the difference between Ontology and Metaphysics proper….

….After Goclenius, the word ‘ontology’ and the equivalent word ‘ontosophy’ appear in two books: Abraham Calovius’ (Calov’s) Metaphysica divina, a principiis primis eruta, in abstractione Entis repraesentata, ad S.S. Theologicam applicata, monstrans, Terminorum et conclusionum transcenden­tium usum genuinum abusum a hereticum, constans (1636), and Juan Caramuel de Lobkowitz’s Rationalis et realis philosophia (1642), eleven and five years respectively before the much more

talked about Clauberg’s work. By the way, none of the other philosophical, or pseudo-philosophical, works of Caramuel’s – Mathesis audax, Mathesis biceps, Metalogica, etc. – refer to ontosophy or to ontology. Unless the contrary is proved, it is safe to assume, that Calovius and Caramuel de Lobkovitz (and not Clauberg) were the first authors to propose a new name for what later became a most important, and controversial, philosophical discipline. According to Calovius, the scientia de ente is called Metaphysica in respect to “the order of things,” a rerum ordine, being called (more properly) in respect to the object or subject matter, ab objecto proprio. Caramuel seems to be more explicit than Calovius about the nature and function of ontology (or, in his case, ontosophy). According to Caramuel, “Metaphysica objectum est ENS, ideóque” dicitur, quae est seu ENTIS SCIENTIA. Differt à Facultatibus alijs, quòd ipsa investiget objecti praedicata E differentias essentiales, illae non nisi proprietates, passiones, attributa. Supponitur ab universis Artibus, nullam supponens. Exorbitantiae gravi obnoxius, qui Theologiae, Phisiologiae, aut Medicinae insudat, nî à Metaphysices eminenti notitiâ manuducatur. Non potest non esse doctissimus in omnia scientia, qui exactè Ontosophiam percallet” (l’oggetto della metafisica è dell’Essere, si dice che è la scienza dell’Essere; si differenzia dalle altre scienze perché ricerca i predicati dell’oggetto, le differenze essenziali quelle se non (oltre) le proprietà, le passioni e gli attributi. Sottoponendola a nessuna arte la si sottopone a tutte le arti, (chi la sottopone è colpevole) di una grave devianza (dalla verità) colui che lavora (suda) sulla teologia, fisiologia, medicina e non viene guidato dal superiore sapere della metafisica. non può che  essere dottissimo in tutte le scienze…. colui che fa esperienza di ontosofia.”) (Rationalis, etc., p. 65)….

…This seems to be clear enough, even if Metaphysica is considered to be the same as Ontosophia; what it means is that only as Ontosophy can Metaphysics become a true prima philosophia-perhaps without theological commitments. And this is not a mere afterthought (as it seemed to be in the case of Goclenius’s usage), for Caramuel goes on to discuss the meaning and merits of Ontosophia: . . . periculosè aedificat qui probabilia; stolidé, qui dubbia supponit. Plurimi Idéas Idéis superstruentes Ontosophiam erexête Academiam, quae vel mole sua postmodum corruit nemine arietante (op. cit., p. 66)….……It would seem somewhat surprising that Clauberg has been mentioned as the first one who used such words as ontologia and ontosophia with an awareness of their importance and implications, since Clauberg himself recognized in his Elementa philosophiae sive ontosophia, scientia prima, de iis quae Deo creaturisque seu modo communiter attribuntur, (Elementi della filosofia o ontosophia, la scienza prima che riguarda Dio e le creature comunemente attribuite a lui) published in 1647, that he was not the first one to use them. Scholars who have dealt with this question have probably been quite impressed by the title of Clauberg’s book, and have not bothered too much about its contents. This happens sometimes, even in highly reputable scholarship. Now, if it is true that at the beginning of the Elementa Clauberg describes ontologia , as he on the other hand prefers, ontosophia as a scientia prima or a prima philosophia, and defines it as, scientia quae speculatur Ens, prout Ens, without mentioning any antecedent use, at the end of the same book (“Diacritica,” § 89) he writes as follows: “Nomina atque titulos utrique disciplinae distinctos admodum iudicere Sapientes. Logicen Dialecticam, rationis artem, organum, EC: appellitârunt: Meta­physicam dixere primam, supremam, transnaturalem, philosophiam, divinam, catholicam, universalem scientiam: novissimé Ontosophiam Caramuel Lobkowitz, Ontologicam post alios Abr. Calovius, aptissimè uterque, nominaverunt.”….( I sapienti giudicarono distinti i nomi e i titoli di entrambe le discipline; la chiamarono abitualmente la logica, la dialettica, l’ arte, lo strumento della ragione, dissero che la metafisica era la filosofia prima, suprema, oltre la natura, la scienza divina, universale, generale: Caramuel Lobkowitz la chiamò in maniera molto innovativa ONTOSOFIA, Abr. Calovius, dopo altri, ontologia; entrambi in modo ugualmente adatto.)( qui F. Mora, già dimostra di articolare dialetticamente una variazione del senso di ontosofia a favore del termine “ ontologia” comunque più riduttivo , aristotelico, perché riferito al logos che la chiesa e la teologia cristiano-cattolica, avevano tanto in considerazione e sulla quale hanno poggiato la loro politica di differenziazione millenaria che ha escluso, gradualmente, l’amore per la saggezza ( filosofia) e la saggezza in quanto sapere proprio connaturato all’essere ( ontosofia).

…..Calovius presents Noologia as something approaching Caramuel’s ontosophy, Clau­berg’s ontosophy and ontology, and Calovius’ own ontology. Noology as equivalent to “arche­ology” was used by Micraelius [supra], but only as one among other possible “metaphysical branches” in so far as it designates the science of the “supreme principles.” Noology has the same aims as ontology in so far as it is previous to all “real sciences,” including Metaphysics in the traditional sense. This is due to the fact that de principiis agit ex quibus Metaphysicae suas deducit conclusiones (op. cit., p. 286). Indeed, noology must never be confused (ne confuntur) with metaphysics. It is unfortunate, but quite in tune with the peculiar mixture of neatness and con­fusion characteristic of all these writers, that a little later Calovius maintains that omne axiomata vere Metaphysicae sunt Noologiae….

…At this point Clauberg introduces a formula (in German) to define ens as the subject matter of Ontology: Alles was nur gedacht und gesagt werden kann. For ita dico Nihil, & cùm dico cogito, & cùm cogito, est illud in intellectu meo. All this is certainly going much further than Caramuel. The problem of thought and not only the problem of being-or rather, the problem of being in so far as it is, or can be, thought-now comes to the fore, and Ontology seems to be on its way to becoming a new science and not only an alternative name for prima philosophia. In the 1694 edition of the Elementa, now entitled Ontosophia quae vulgo Metaphysica vocatur, ( che volgarmente- nel linguaggio commune-  chiamano Metafisica. C. si fà portavoce di una necessaria posizione intellettuale che debba acrreditare dalla academia dei dotti, il termine di ontosofia, nell’uso commune, affinchè possa essere concepita in qualche modo nel quotidiano, della vita popolare, l’idea che esiste un sapere dell’essere contenuto nell’esistente e contenente l’esistente, senza necessariamente passare dalla traduzione di alcuna gerarchia teologica o intellettuale circa il fatto che esistere in quanto essere significhi o comporti, una saggezza come dono naturale e auto genico di ogni individuazione o di ogni cellula, animale o vegetale; o di ogni atomo . ) Clauberg reaffirms his position, claims that the term Ontosophia is increasingly being accepted despite the resistance of some learned men…..A full incorporation of the terms, Ontologia and Ontosophia in the philosophic language took place only at the very end of the Seventeenth Century and beginning of the Eighteenth Century. It was probably Étienne (Stephanus) Chauvin who did most to make these terms palatable for philosophic circles. His Lexicon philosophicum was pub­lished in 1692 (with the following title under cover: Lexicon rationale sive Thesaurus philosophicus ordine alphabetico digestus, which explains, why it is quoted sometimes as Lexicon philosophicum and sometimes as, Lexicon rationale). In this Lexicon, of which a second edition was published in 1713 (with some changes, proudly anounced as quasi novum opus in lucens prodeat, which do not affect our question) Chauvin introduces an article, on “Ontosophia,” which is thus defined: ONTOSOPHIA . . . sapientia seu scientia entis. Aliàs Ontologia, doctrina de ente. This says, indeed, little. But in his article on “Metaphysics” Chauvin goes, much further…..

….All this seems quite “traditional.” Now:  Ab aliis dicitur Ontosophia, vel Ontologia, & quidem rectiùs. Quandoquidem utraque illa vox inte­grae definitionis munere non infelicite fungitur. Est ens vulgaris Metaphysica, scientia entis, quatenùs est ens: at Ontosophia, quasi dixeris, est sapientia seu scientia entis; adeòque genus disciplina, differentiam ex objecto sumptam innuit. Ontologia verò dicitur, quasi sermo seu doctrina de ente. Quanquàm hoc obser­vandum, quòd voce Ontosophiae, commodius scientia entis; voce autem Ontologiae systema, methodicam de ente doctrina complectens significatur.( l’ontosofia è detta, in maniera più giusta, ontologia. Questa dicitura compie in maniera corretta la funzione dell’intera definizione. la metafisica è l’essere comune, la scienza dell’essere, fin dove è essere; ma l’ontosofia, tu potresti dire, è la sapienza e la scienza dell’essere, un genere di disciplina che indica la differenza desunta dalla realtà oggettiva, in quanto inerente ad essa stessa; in realtà si dice ontologia il discorso o la dottrina sull’essere. Considerando tutto ciò poiché con la dicitura ontosofia si indica più comodamente la scienza dell’essere, con la dicitura ontologia si fa riferimento al sistema che abbraccia la metodica sulla dottrina dell’essere.) ( a questo punto Clauberg si dimostra consapevole che in quel periodo si stesse annichilendo il termine ontosofia- ottenendo la rimozione di tutta la saggezza greca- in favore di quello riduttivo di ontologia).

The difference between Ontology and Ontosophy was not pursued any further. Indeed, after Chauvin practically no one ever used the term ‘Ontosophy’ again. Leibniz used Ontologia in his “Introductio ad Encyclopaediam arcanam” (apud L. Couturat, ed., Opuscules et fragments inédits de Leibniz, 1913, p. 512), and defined it as scientia de aliquo et nihilo, ente et non ente, re et modo rei, substantia et accidente, in a way similar to Clauberg’s.

….On the other hand, Antonio Genovesi [Genovese] used the term Ontosophia in his work Ele­menta metaphysicae mathematicum in morem adornata. Pars prior. Ontosophia (1743), and Francis Hutch­eson used the term Ontologia in his work Synopsis Ontologiam et Pneumatologiam complectens (1742, 2nd ed., 1744, 3rd ed., 1749, 4th ed., 1756, 5th ed., 1762, 6th ed., 1774). Moreover, the term Ontologia was introduced as a technical term in philosophy by Jean Le Clerc or Ioannis Clericus in the Second Treatise, entitled “Ontologia sive de ente in genere” of his Opera philosophica in quatuor volumina digesta (5th ed., 1722). This happened eight years before Wolff finally gave his definitive, and influ­ential, approval to the new term and to the new-although in his time already less new-discipline. So Jean École is right when he writes: “Ainsi done, lorsque l’ouvrage de Wolff parût, l’ontologie était une conquête de la philosophie vielle dejà d’à peu près cent ans.”….

…..Wolff and Kant, the first edition of whose Critique of Pure Reason was published in 1781, there is a curious, and rather neglected, reference to Ontology in the article “Ontologie” of the Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des Arts et des Métiers, t. XI, N-PAR (Neuf­chastel, 1765). The anonymous author writes that among the Schoolmen “ontology” was the same as Philosophia prima, but that it was a purely verbal “science.” As a consequence, “dès que la doctrine de Descartes eut pris le dessus, l’ontologie scholastique tomba dans le mépris, devint l’objet de la risée publique . . . On n’envisagea donc plus [after Descartes] l’ontologie que comme un dictionnaire philosophique barbare, dans lequel on expliquoit des termes dont nous pouvions fort bien nous passer.” But things changed: “L’ontologie . . . qui n’étoit autrefois qu’une science de mots, prit une toute autre face entre les mains des philosophes modernes, ou, pour mieux dire, de M. Volf; car le cours de cette science qu’il a publié, est le premier jusqu’à présent l’unique où el le soit proposée d’une manière vraiment philosophique.”It would seem that the French philosophies (or the anonymous, Voltairian-looking author of the article “Ontologie” in the Encyclopaedia) were rather uncritical of Wolff’s Philosophia prima sive ontologia, and did not bother too much about the “dogmatic way of thinking” (K.r.V. B xxxvii), provided it looked “rational.” It would also seem that they were not impressed by Wolff’s predecessors, if they had, indeed, any knowledge that such predecessors existed. We may blame the French philosophes for lack of historical sense, if not historical information. But it may well happen that by 1765 Calovius, Caramuel, Clauberg, Micraelius, Chauvin et al., had already been forgotten, or else overshadowed by Wolff. It has been the purpose of the present article to try to recognize the history of thought, and specifically the history of philosophic concepts, as the embarrassingly complex thing it is.”

Ma chi era Christian Wolff, il filosofo che oscurò, eclissò per 300 anni e per la coscienza filosofica e scientifica dei nostri tempi , il senso dell’ontosofia e la sostituì nella comune lingui­stica filosofica col termine ontologia (che come si capisce dalle note di Ferrater-Mora si riferi­sce solo al discorso, alla parola-parlare dell’essere e non al sophos, alla saggezza dell’essere). Già dal suo nome di battesimo, si comprende che doveva incarnare il “Cristiano significato denotativo” circa l’ESSERE e quindi solo l’ontologia (non più l’ontosofia) poteva raccogliere il parlare , la logica , nel senso del ” loquare” o col-loquiare dell’essere, per sfuggire persino al senso morale, etimo- etico di LOGOS ossia “principio intelligente” dell’ESSERE .Tutto questo ha il sapore di un classico “PROTON PSEUDOS” circa l’ONTOS” , un errore iniziale-epocale perpetrato dai circoli intellettuali di diversi secoli con confuso e oscuro non senso logico-epistemico ai danni della coscienza umana , deprivata del proprio principio naturale di saggezza, il SOPHOS ontico. Di fatto ecco spiegato perché Ferrater- Mora scrive che Wolff oscurò predecessori come Lobkowitz e Clauberg: 1) fu in crisi e perseguitato egli stesso perché ritenuto un pericolo per la religione nel 1723 dai colleghi teologi; 2) dedicandosi fino al 1740 circa alla riesposizione sistematica del suo pensiero, sicuramente fece scomparire dai suoi scritti la parola e il senso di ontosofia a favore dell’ontologia(cfr.pag.921-2 del Lucarini op. cit. vol.8) perché “This seems to be clear enough, even if Metaphysica is considered to be the same as Ontosophia; what it means is that only as Ontosophy can Metaphysics become a true prima phi­losophia-perhaps without theological commitments.’ L’ Ontosofia quindi sarebbe potuta divenire una disciplina più comprensiva e comunque indipendente dalla Teologia cristiana (cattolico -protestante) che oltretutto avrebbe potuto fondare la vera Metafisica in quanto prima filosofia! S’immagini lo smacco e la vergogna per tutti quelli (romani e cristiani, tra cui Catone , Agostino, Tommaso ecc) che avevano lavorato per secoli a reprimere l’Essere Saggezza dal VI secolo a.C. in poi! E cosa dire degli illuministi francesi che sarebbero passati per irrazio­nali e antistorici se qualcuno avesse fatto notare che l’ Ontosofia di Clauberg era stata oscurata proprio da loro , cosi amanti dell’enciclopedia? Scrive Ferrater-Mora: “We may blame the French philosophes for lack of historical sense, if not historical information. But it may well happen that by 1765 Calovius, Caramuel, Clauberg, Micraelius, Chauvin et al., had already been forgotten, or else overshadowed by Wolff.”

Per comprenderne meglio le implicazioni odierne della repressione filosofico-psicologica dell’ontosofia, ecco quanto esprime una ex-paziente , oggi professionista affermata:”

Mi sono chiesta “Che cosa molte volte impedisce al principio autopoietico di attivarsi rista­bilendo così nell’individuo il benessere , perché le cellule staminali a volte migrano spontanea­mente per la ricostruzione delle cellule distrutte altre volte no! Perché a volte c’è la remissione spontanea e a volte no. Nella mia esperienza ho provato distruttivo il pensiero razionale,la logica del cervello nella testa (supportata, condizionata attraverso tutta l’educazione del razionalismo dogmatico alienante l’intero essere umano sin dal 1700), che annichilisce com­pletamente il cervello viscerale, come due correnti dello stesso segno che si respingono e, più l’individuo vive in un condizionamento socio-culturale-ambientale- familiare razionale più c’è l’inibizione del principio autopoietico. Non per niente nonostante le recenti scoperte sul cervello viscerale ancora si parla del cervello di testa come dell’unico conglomerato neuronale presente nell’individuo, non per niente il sistema alienante ha rinforzato nel cervello della testa il suo software di feedbak necessitante quel razionalismo dogmatico che diviene patologica insomnia ossessivo-compulsiva o verbosa ecolalia delirante di costruzioni filosofiche prive ormai della pace matetica del SOPHOS.”

ONTOSOFIA E BIOETICA (17/12/2004 bozza di proposta per il PROF. BELLINO cattedra di Bioetica Univ.di Bari)

Considerate le odierne difficoltà della metodologia scientifica nell’accreditare la pratica della psicoterapia, psicosomatica, si propone l’acquisizione di una sorta di ISO 14000 che rappresenterebbe una prima forma di sperimentale accredito scientifico per gli effetti e le dina­miche terapeutiche non riportabili ad elementi (interventi) chimici (farmacologici) o biologici visibili immediatamente ma sicuramente non invisibili o indimostrabili in quanto psicodina­mici o psicosomaticamente soggettivi o pertinenti all’area della interiorità.

ONTOSOFIA ONIRICA

È il ritrovamento e lo studio dei messaggi autentici dell’essere inconscio attraverso il sogno. ( cfr. Incubazione)

Ricordando la ritualità del sacerdote (chiamato “incubo”) che nei templi greci assisteva i fedeli con problemi al fine di riconnetterli con la facoltà e pratica naturale del sognare. Sottolineiamo che, Pitagora accompagnava con la lira i suoi discepoli nel mondo dei sogni e Ippocrate  prima di assegnare le sue terapie consigliava di ascoltare-invocare Asclepio-Esculapio ( il dio della medicina che spesso guariva i malati nei sogni). Molte altre esperienze storiche seppur considerate prescientifiche , si sono dimostrate  più salutari dei farmaci, và recuperata e rispettata la naturale dote di sognare di ogni essere umano in quanto “sapienza d’essere attraverso il sogno”: ontosofia onirica. In ogni civiltà e in ogni cultura l’ontosofia onirica esiste ed è sempre esistita.

L’elaborazione di tutte le energie del sogno (dal conio delle singole immagini al metterle in movimento, al dare loro un canovaccio ripetitivo o creativo di notte in notte, al ricreare il rilassamento, la tensione corporea attraverso le stesse, al risolvere enigmi, problemi matematici o relazionali.  Si confrontino le esperienze oniriche di Schliemann (sognò la posizione della città di Troia prima di intraprendere gli scavi  lì dove poi la trovò), Kekulè (sognò la catena del benzene) di Pasteur, Tartini, Einstein che ebbero altrettante precognitive esperienze oniriche illuminanti i loro rispettivi campi d’interesse( cfr. Gutheil: manuale di analisi del sogno. Ed. Astrolabio), da parte di una entità auto-organizzatrice, già intuita da Schrodinger e Maturana che rivela l’appartenenza del soggetto ad un’intelligenza ontica. Questa intelligenza, sà cosa fare durante l’apparente inibizione della coscienza di veglia che, secondo l’Ontosofia, di fatto si amplifica, come coscienza ontico esistenziale, durante le fasi oniriche REM e NREM (anche le fasi di sonno, notoriamente prive di sogni, hanno invece una relazione con la visione immagogico-psicosomatica desunta dal benessere che provocano).

L’Ontosofia Onirica dimostra che Freud ha sottovalutato l’enorme portata del condizionamento alienante del sistema razionale riduzionista in lui e nella sua epoca e, quindi, attraverso la psicoanalisi, proprio perché lo stesso, non intuì l’evidente messaggio del suo sogno circa il cancro alla bocca (leucoplachia); sembra che nessuno nel mondo della psicoterapia scientifica abbia preso o voluto prendere atto di questa evidenza ( cfr. F. Palmirotta: Sogno e cancro in S. Freud- 1990 Ed. AMO Bari) .

      Secondo la concezione dell’Ontosofia Psicosomatica, l’onirologia è la ripresa di ciò che alimenta la vita attraverso l’ascolto della guida interiore che si manifesta nel Sogno. Il sogno è un insieme di immagini che si basano sull’esistenza di un evento luminoso. Perché si verifichi è necessaria una fonte luminosa che proietta ed uno schermo che riceva la proiezione, schermo, ambientazione e regìa del sogno sono costituenti la psiche. Nel sogno si agisce (F. Palmirotta, lezione di Musicoterapia psicosomatica).

ONTOSOFIA PSICOSOMATICA

Con questo termine (cfr. 1980 le prime sessioni di formazione in psicoterapia di Francesco Palmirotta e le pubblicazioni: Ontosofia Psicosomatica e Ontosofia Umanistica AMO Edizioni) si intende la saggezza dell’essere umano in quando individualità psicosomatica cioè: il benessere stabile e duraturo dell’anima (psiche) e del corpo (soma) vidimato dalla soggettiva-oggettiva razionalità scientifica dei casi clinici definitivamente risolti.

Per comprendere la differenza enorme tra Ontosofia Psicosomatica e una frangia italiana di Psichiatria-Psicana­lisi cattolica alienante e paradigmatica (cfr. Kuhn), sono a rileggere Leonardo Ancona, dopo il 27 maggio 2005 dell’audizione al MIU R , dopo la presidenza laboriosa del Con­gresso Internazionale “Renaissance II for the third millenium: emerging visions of human being”,(cfr. www.palmirotta.com), ciò che scrive (Leonardo Ancona) nel suo libro “La mia vita e la psicanalisi “ed. Magi 2003, a pag. 457:” La correzione di un franco stato psicosomatico in alcun modo si può verificare spontaneamente sotto la spinta della vis medicatrix naturae; ed è anche impossibile per le procedure terapeutiche attualmente conosciute, che, al massimo possono raggiungere un contenuto parziale e precario cioè sintomatico, delle manifestazioni cliniche.” Poi, a supporto storico scientifico di questo suo “fondamentale” asserto paradigmatico, dice ancora a pag. 458:” Per questo la terapia psicoanalitica delle somatosi, si incontra con formidabili resistenze: H. Rosenfeld (1978) ha detto di aver dovuto fare 18 anni di trattamento intensivo (4 volte per settimana) per risol­vere una psicosomatosi; rispettivamente un tentativo di aggredire la malattia attraverso l’ipnosi di profondità è riuscito, ma solo facendo precipitare il paziente in una psicosi florida…” quindi L. Ancona sostiene che l’ipnosi non cura la psicosomatica e procura la psicosi …e neanche la psicanalisi cura la psicosomatosi e la psicosi. Inoltre confonde, non avendolo chiaro nella sua concezione scientifica della psicosomatica e della psicoterapia, il processo di “risoluzione sintomatologica” con quello di  “conversione sintomatologica” .E ancora a pag. 459 afferma: “Di fatto la malattia psicosomatica una volta evocata, si automantiene e nella vita adulta, prende frequentemente un andamento progressivo in gravità. La sua guarigione immediata rimane comunque non spiegata delle attuali conoscenze scientifiche anche se, una volta verificatasi, essa non risulta essere contro natura” La contraddizione si fa sempre più rilevante considerando che, nel primo passo citato, sosteneva che la vis medicatrix naturae, non interviene nei processi di guarigione e qui sostiene che comunque sia, la guarigione non appare contro natura. Ma allora cosa è che ha determinato la guarigione? Il principio di Ontopoiesi di Husserl? L’auto-organizzazione di Schrodinger? L’autopoiesi di Maturana e Varela? No, è stato un miracolo!(Cfr. Rosaria Passavanti, Tesi in Musicoterapia Psicosomatica 2013)(è strano e contradditorio questo discorso, prima asserisce  che la “vis medicatrix naturae” non ha senso nel processo di guarigione , poi sottilmente afferma qualcosa che agisce declinando il processo stesso  e che Husserl ed io stesso , chiama ontopoiesis mentre Schrodinger chiamerebbe “autorganizzazione della materia”, mi ricorda l’antico saggio detto “aiutati che Dio t’aiuta” . C’è da valutare se, L. Ancona, ignorasse o fosse in cattiva fede o ancora in conflitto di interesse al momento delle sue affermazioni). Sempre continuando a pag.459 del sopracitato testo: “ le resistenze opposte da un soggetto psicosomatico….sono inconscie, profonde…tendono a sconfinare nell’infinito…Per non parlare delle modifiche strutturali, anatomiche, neuroendocrinologiche che la guarigione di un  fatto psicosomatico può comportare ( quindi è consapevole della guarigione psicosomatica vista la sua esatta descrizione seguita purtroppo da un innesco di pensiero paradigmatico) pertanto per queste affezioni non si dà il caso di guarigioni spontanee….esse rimandano a spiegazioni di altro tipo, quelle di lesioni reversibili del soma. La spiegazione di miracolo sembra si addica a riguardo ed essa non è contro natura, in quanto deriva  dal rapporto intimo che l’ambito del sacro ha con la personalità umana.”

E’ evidente, a questo punto, che Ancona propende per una risoluzione delle malattie psicosomatiche, solo attraverso il miracolo religioso, supportando l’economia materiale ma soprattutto spirituale (speculazione alla Borsa Finanziaria delle azioni-anima in San Pietro, Vaticano, della Chiesa Cattolica, annichilendo il senso scientifico della psicoterapia italiana ed anche l’economia psichica e materiale che gli psicoterapeuti professionisti meritano. “…ma piuttosto l’esito di un processo declinatosi lungo le vie naturali, secondo una dinamica assolutamente imprevedibile e inattesa : costituendo cosi un fenomeno straordinario.”

A pag. 460 scrive seguendo le sua linea di doppio pensiero (cfr. Matte Blanco ):” In questo quadro la dinamica del sacro muove quella del biologico e dello psichico e in alcun modo la prima è diversa dalle altre ciò rende possibile la comprensione dell’accadimento naturale di un miracolo come è per esempio la guarigione permanente di un fatto psicosoma­tico!” e seguendo a pag. 461: “con padre Xavier Thevenot …. Si può concordare del tutto nel ritenere che “una guarigione spiegabile con la psicosomatica, possa essere qualificata come miracolo” ….

Il tutto, comunque, secondo un giudizio di plausibilità, formulato con l’assistenza dello Spirito”. Forse Xavier Thevenot sarà esperto in teologia e avrà indubbia familiarità con lo Spirito Santo ma, sicuramente da come scrive e’ straniero alla scienza psicoterapica e anche lui come Ancona non avendo mai risolto (e pubblicato) un caso clinico grazie ad una sua propria incapacità professionale di psicoterapia , è altrettanto alieno dall’evidenza che, lo spirito semplice di un essere umano ama rinascere da sé in sé stesso ….non è forse detto nel Vangelo che ” lo Spirito soffia dove vuole”?

 Anche lui non conosce l’umile e faticosa pratica della ricerca- ritro­vamento di quel principio d’autorigenerazione che oggi è stato provato dalla ricerca obbiettiva dei neurofisiologi della Università di S. Diego USA. . Comunque, ragionando a tal guisa, in questo mondo, sono nulla  l’ autorganizzazione come principio fisico, l’ autopoiesi per la biolo­gia e la tendenza al benessere e all’autorealizzazione scientificamente dimostrate dopo anni di esperienze delle scienze fisiche, (E Schrodinger) biologiche (Maturana e Varela) psicoterapiche (Rogers, Goldstein, Maslow e altri) tutti questi autori scuole di scienza devono ammettere che l’idea entità Biblico, cattolica di Dio governa e dispensa assolutamente e da sola “ad usum Delphini” i fenomeni di realtà, realizzazione della materia, della psiche, del soma, delle piante e degli animali e per fortuna i frammenti pitagorici riescono a dimostrare una dignità ed una ragione scientifica nell’intelligenza dell’uomo “Faber fortunae suae ” e del Cosmo.

Non c’è più bisogno di pensare nei termini di “Natura sanat medicum curat ” come affermava G. Grod­deck con molta più ragionevolezza e rispetto sia per la scienza psicosomatica che per la sfera d’azione della Natura. Natura più completa e ragionevolmente alla portata di tutti rispetto alla presunzione di chi pretende che niente possa essere governato riarmonizzato da un principio di intelligenza meramente fisica, biologica, psichica, di estrema semplice naturale ed unica responsabilità dell’individuazione ontico umana e che in definitiva dobbiamo solo pregare Dio e fare pellegrinaggi quando stiamo male.

 Il tutto poi e’ argomentato da un professore che non ha mai risolto un caso clinico, non si è mai cimentato al di fuori della psicanalisi, non ha mai conosciuto, abbandonato da Dio chiesa e da tutti, la vera realtà scientifica, la fatica di curare fino in fondo una psicosomatosi, di pubblicarla secondo i criteri del metodo scientifico razionale (diagnosi trattamento referto di remissione e follow up) e si constata da come parla e scrive dei casi clinici nel suo libro. Al contrario un autentico psicoterapeuta che cura realmente, deve poter asserire:

” Io, (Francesco Palmirotta nel mio caso) non sono un diavolo o un alieno sono un uomo semplice e reale (non ancora clonato!) perché ho sofferto, ho trasformato con pazienza tutta la mia sofferenza in capacità terapeutica, ho pubblicato correttamente i miei casi clinici risolti ho atteso il follow up . ..e sono felice perché ho fatto comunque del bene…leggibile non solo in senso scientifico !”

Consaputo quanto sopra, si può capire come il principio di Ontosofia Psicosomatica possa spiegare il “miracolo” o la guarigione dovuta all’azione di un Dio o di un Santo di qualunque religione ( cristiana, musulmana, buddista o nativa di qualunque civiltà umana), mentre, al contrario, la religione o la commissione medica di Lourdes e simili consessi socio-sacralizzati di “esperti” degli atti divini dell’umano non possono spiegare (come scrive Ancona nel suo libro) né la guarigione psicosomatica spontanea o attuata attraverso il lavoro psicote­rapico, né lo stesso miracolo proprio perché l’unico detentore del suo senso è lo stesso Dio o santo di turno.

In parole semplici, poiché l’atto di guarigione miracolista accade comunque nel corpo e nella psiche di un essere umano esattamente come accade un atto di remissione sintomatica (più o meno repentina) grazie al lavoro sistematico di una sana psicoterapia, eviden­temente, all’interno della psiche e del soma di ogni individuazione umana è agente ossia agisce continuamente (o iperagisce), un principio di omeostasi vitale, naturale dote di ogni organismo che dalla sfera di una dimensione quantico energetica (psichica) non ancora consaputa dalla scienza attuale, ripristina in determinate occasioni, stante determinate condizioni di dinamica della realtà, il benessere, l’armonia, la salute, sia nella psiche che nel soma.

Al contrario, quando condizioni e situazioni dinamiche reale di armonizzazioni non sono possibili per tensioni contrastanti (che pressano distruttivamente l’unità psicobiologica) all’interno o all’esterno la guarigione miracolistica o remissione sintomatologia non accade e questo può essere anche dovuto al non senso reale di quella preghiera, di quel santo, di quel dio o di quella specifica forma di psicologia psicoterapica. Bisogna necessariamente corrispondere, con responsabilità scientifica di logica esplicativa, a quanto accade nella vita dell’ essere umano ritrovando corrette spiegazioni e soluzioni evidenti di per sé (è importante il consenso cosciente del cliente in cura)

senza delegare ad assoluti inconoscibili (dio, forze, farmaco) questo non significa togliere dignità a dei e santi ma piuttosto ridarla alla potenzialità dell’Essere Umano.

ORGANISMICO

Sintesi della dinamica psichica e somatica dell’evento psicofisico che si attua con la psicoterapia autentica.

Essendo l’ecosistema in continua sintonia e armonia, tutti gli organismi, in qualunque momento della loro esistenza, trasmettono e ricevono messaggi.

Esiste una modalità di ricetrasmissione degli eventi psicofisiopatologici di cui il terapeuta deve essere consapevole. Attraverso le proprie cellule, il proprio organismico, il terapeuta “vede” e varia, riarmonizzando la naturalità propriocettiva e salutare dell’altro organismo/cliente. Il processo resta per lo più inconscio al cliente nei primi stadi della terapia, questi, più avanti, diviene consapevole di questa attività psicofisica che intercorre da un organismo all’altro. E’ evidente che, la mediazione, tra i due organismici è attuata nella dimensione psichica fondante gli stessi e la sfera d’azione dell’essere che cura. (cfr. F. Palmirotta: Psicoterapia e musicoterapia, p. 94 AMOEditrice).

Tendendo presente che le cellule umane, la biologia, per funzionare correttamente devono tenere un certo ritmo, le nostre cellule devono coincidere, corrispondere o avere la libertà di creare il proprio ritmo in sintonia, in armonia con la terra, con le altre vibrazioni del’ambiente, con gli altri impulsi sonori, il sole, la luna, tutto ciò che viene visto dai fisici come magnetismo. In realtà sono onde, impulsi che hanno la possibilità di riuscire armonici o disarmonici, quindi di creare vita o morte, malessere o benessere. (Francesco Palmirotta: Musicoterapia Psicosomatica AMOEditrice)

PITAGORA

È stato detto che la storia del Pitagorismo rappresenta il capitolo più controverso della filo­sofia Greca, e la letteratura sul pitagorismo è stata definita un pozzo senza fondo che nessuno studioso può esplorare compiutamente per la sua sovrabbondanza. La probabile data di nascita di Pitagora si colloca intorno al 572 a.C. secondo Aristosseno. Il suo nome si rifà a Pizia la sacerdotessa di Apollo e Agorà inteso come il consiglio dei saggi o senato, quindi Pitagora potrebbe significare “la saggezza che unifica la visione del reale universale”( Apollo: a-pollon, privo di moltitudini, Uno; Pizia: la visione oracolare; agorà: insieme dei sapienti che costituisce la saggezza).

Noi amiamo il maestro, perché rappresenta la nostra dimensione psichica smarrita dentro, fuori da noi, momento dopo momento, attimo dopo attimo l’incontro con Lui è l’incontro con noi stessi. Con quel noi continuamente vilipeso, ridotto, annichilito dentro, che il maestro sapientemente ricostituisce restituendocelo in perle di saggezza per la ricostruzione della nostra psiche.

“Tutti i Pitagorici si comportavano fra loro come un padre affettuoso verso i figli. Bello era anche che attribuissero tutto a Pitagora e ne chiamassero Lui (inventore); ne alcuna gloria delle verità scoperte rivendicassero per sé, se non di rado; infatti di pochissimi di loro sono noti scritti recanti il loro” (cfr. Pitagorici, Testimonianze e Frammenti Fasc. III a cura di Timpanaro Cardini , pag. 305 La nuova Italia Editrice Firenze) . Affermava che ” la materia è musica solidificata” e sapendo come ci fosse un’organizzazione naturale e di come questa potesse essere alterata, ripristinata o mantenuta anche dalle vibrazioni sonore, la pratica della Musicoterapia era una prassi nella Therapeia. Alla domanda di cosa fosse il bello, Pitagora rispondeva: ” Cos’è il bello? L’Armonia”.

PSICAGOGIA

La guida dell’identità animica (psichica) del soggetto umano attraverso le varie esperienze dell’ambiente di vita alla ricerca e ritrovamento del proprio senso intelligente.

PSICHE

L’entità che insieme al dio Eros creò l’universo…così in Platone ” Amore è Iddio; Amore è il più antico degl’Iddii….a fianco della mente architettrice dell’universo sedeva Amore ..(cfr. Vincenzo Cuoco “Platone in Italia” Milano 1806 Presso Gio.Pietro Giegler Libraio sulla Corsia de’Servi dirimpetto all’Albergo di Città) e nella Teogonia di Esiodo.

Dal greco ψυχη, comprendeva, nel suo significato di energia, anche il termine soma. Deriva da pneuma (πνευµα) che significa respiro, atto del respirare in comunione con l’aria, e quindi, coincide con il senso archetipico più profondo cioè con uno degli archè (l’aria) che gli antichi filosofi ponevano alla base del tutto.

La psiche è un atto reale, quindi cognitivo, comportamentale e quindi neuronale. Questa formulazione aiuta sia lo psicoterapeuta che l’utente nella fase operativa del cambiamento, della ricostituzione del principio di auto-organizzazione psichica e psicosomatica.

In un testo registrato da Diogene Laertio (180-240-d.C.) come risalente al I sec a.C., l’anima sarebbe composta  da vapore ( atmòs) e sarebbe abitata dai λόγοι ( lògoi) definiti i “ venti dell’Anima”. La conoscenza dell’ordine del mondo coincideva con l’assimilazione dell’anima al divino attraverso la Mathesis intesa come Conoscenza per eccellenza che racchiudeva in sé tutte le Scienze,  oltre quelle matematiche, come l’Astronomia, la Musica, la Cosmogonia. Mathesis come “principio Matematico in quanto  armonia del Cosmo” nella antica concezione della scuola pitagorica.

Platone, nel mito della Biga Alata, ci mostra la vera natura dell’Anima:

 “La vera ragione per cui le anime si affannano tanto per scoprire dove sia la Pianura della Verità è che lí in quel prato si trova il pascolo congeniale alla parte migliore dell’anima [c] e che di questo si nutre la natura dell’ala, onde l’anima può alzarsi. Ed ecco la legge di Adrastea. Qualunque anima, trovandosi a seguito di un dio, abbia contemplato qualche verità, fino al prossimo periplo rimane intocca da dolori, e se sarà in grado di far sempre lo stesso, rimarrà immune da mali.”

L’importanza fondamentale che lo stesso Ippocrate dà alla psiche come regolatrice delle condizioni fisiche del soggetto, è chiara sin dall’inizio della sua opera quando afferma che:

“ la composizione dell’anima è analoga a quella di tutte le parti del corpo, del quale anzi è parte essa stessa.”( Corpus Hippocraticum).

Continua individuando nello πνεύμα ( pneuma) la causa di tutte le malattie:

“È evidente che in tutte le malattie i fiati esplicano una funzione fondamentale, tutto il resto è causa concomitante ed accessoria, mentre ho dimostrato che questa è la causa delle malattie. Ho dimostrato che il πνεύμα   è il fattore dominante sia nelle altre cose sia nei corpi degli esseri viventi. Tutte le malattie hanno identiche manifestazioni, ma il luogo fà la differenza: perciò sembra che le malattie non si somiglino in nulla, data la diversità dei luoghi. In realtà una sola è la forma e la causa stessa di tutte le malattie”

Pneuma (πνεύμα) inteso come soffio vitale, principio fondamentale di vita, che permea sia il creato che l’uomo che di esso è parte. Presente in tutte le culture di tutti i tempi: “Spirito” per i latini, “Prana” per gli hindu, “Qi” per i cinesi, “Ki” per i giapponesi, la “ vis medicatrix naturae” l’intelligenza innata del corpo, il “ balsamo interno” descritto da Paracelso.

Pneuma per indicare l’anima del mondo, Logos come principio razionale di ordine cosmico. Di derivazione etimologica dal verbo “Pneo” = respirare. È infatti il respiro che fa di noi esseri viventi.

Di fronte a un sogno vero io provo la stessa emozione, la stessa visione che lo scultore, l’artista prova di fronte un blocco di marmo da scolpire, da cui trarre l’anima nella forma ottimale da realizzare. Il sogno però dura un attimo, una notte…ma la scultura di quell’anima, per un terapeuta della psiche, può durare anni o tutto il ciclo di una vita: com’ io sono un maestro dall’anima, così l’artista trae dalla pietra la forma che le è intima. Io non sono maestro di quell’anima, bensì l’idea dell’anima è maestra in me e per me…perché quella forma già realizza…e come lo scultore, io attendo fedele maestria interiore di un volo nell’esistenza. Di un passo dell’Essenza. Nel silenzio molte volte trasformo la materia della vita nell’anima che vi è infusa e invisibile motiva intensamente la sua unica realtà sotto gli occhi ingenui dell’io bambino in ogni luogo.

( Francesco Palmirotta)

PSICOPOMPO

     Il termine ψυχοπομπóς (psicopompo), composto da ψυχή (psiche) «anima» e πομπός (pompòs) «conduttore», è una figura presente in quasi tutte le ritualità e culti sorti sin dalla più remota antichità. Lo psicopompo era una guida, colui che accompagnava le anime dopo il trapasso. Ne sono un esempio Ermes, Osiride, Caronte ed Apollo stesso. È una figura, un ruolo presente di epoca in epoca e di religione in religione. Nella cultura sciamanica lo psicopompo era un uomo in carne ed ossa, uno sciamano appunto, che aveva il compito e la capacità di accompagnare nell’”aldilà”, le anime dei defunti, in quanto canale di comunicazione tra il regno dei vivi e quello dei morti. Nella cultura germanica, lo psicopompo era Odino, in quella celtica il dio Lug, mentre nel cristianesimo era rappresentato dal Caronte dantesco. Della psicopompia si è occupato anche J. Hillman (Atlantic City, 12 aprile 1926 – Thompson, 27 ottobre 2011), che, nel suo testo “Il Codice dell’Anima”, Adelphi, Milano 1997, affronta il tema della psicompia. Questo ci viene riportato in un testo della sua allieva Selene Calloni Williams: “Fare anima ha molto a che vedere con la psicopompia, l’arte sciamanica di accompagnamento nel post-mortem. Durante i cosiddetti rituali di caccia all’anima, lo sciamano psicopompo conduce chi si affida nel mondo sotterraneo alla ricerca dell’anima perduta. Chi fa anima produce esperienze visionarie dell’infero e vi traghetta chi si affida, proprio come uno sciamano o un Virgilio dantesco, recuperando una sapienza della morte antica e perduta nella nostra cultura, tant’è che quello di dante, che è stato l’ultimo mondo infero immaginato nella nostra cultura, risale addirittura a prima del rinascimento. Fare anima copre una grande e grave dimenticanza culturale, ed è un’attività con la quale la psicologia, la religione ufficiale e le istituzioni devono imparare a convivere serenamente senza sentirsi minacciate. Fare anima significa sviluppare la capacità di “vedere” che persone cose, luoghi ed eventi che quotidianamente percepiamo sono un sogno all’interno di un sogno e non hanno alcuna sostanza reale, sono ombre, miraggi; come l’immagine della luna riflessa nell’acqua, sono visioni vivide e lucide, ma prive di sostanza. Il senso dell’oggettività delle cose e del materialismo sono inganni che, al momento del risveglio dal sogno, svaniscono come fumo nel vento. Fare anima significa prendere ogni persona, oggetto, evento con cui veniamo a contatto e riportarlo alla sua reale natura di immagine ricordando a noi stessi che stiamo sognando e che ciò che percepiamo è una immagine prodotta dal nostro stesso sogno.” (Selene Calloni Williams: James Hillman – Il Cammino del «fare Anima» e dell’Ecologia Profonda” Ed. Mediterranee)

PSICOSOMATICA

Con il termine Psicosomatica ci riferiamo a due aspetti:

a) “Il termine psicosomatica è stato usato spesso (…) per indicare condizioni normali o pato­logiche assai differenti tra di loro: 1) disturbi psicofisiologici associati all’ansia (cefalea da tensione, iperidrosi polmonare, vomito psicogeno su base ansiosa); 2) disturbi o sintomi espressione di un fenomeno di conversione somatica su base isterica (paralisi, anestesie senza cause organiche dimostrabili); 3) disturbi del controllo della muscolatura striata di apparente origine funzionale o emotiva (tics, incontinenza urinaria non organica); 4) malattie in cui la lesione anatomica o il disturbo fisiologico vedono una componente emozionale nei loro meccanismi eziopatogenetici. (…..) In realtà il termine sembra usato generalmente in modo aspecifico per indicare ogni tipo di sintomo somatico nel cui deter­minismo giochi un ruolo qualsiasi una causa emozionale”. In P. Pancheri, Introduzione alla psicosomatica, Mondadori, Nel DSM4 con il termine Somatoformi si indicano “sintomi fisici che fanno pensare ad una condizione medica generale (….) e che non sono giustificati da una condizione medica generale (cioè non esiste alcuna patologia accertabile con analisi cliniche, n.d.r.), né dagli effetti diretti di una sostanza o da altro disturbo mentale, (….) non sono intenzionali”.

Il termine  “psicosomatico”, viene utilizzato come aggettivo per definire una condizione patologica che si riferisce a cause psichiche.

b) Unità psicosomatica, sinolo psiche soma. Cfr Goldstein e la teoria olistico organismica

             Con il significato sopracitato, nell’antica Grecia, veniva colloquialmente utilizzato il termine “entelechia” nel senso di compiuta realizzazione, anima-corpo (Psiche-soma), l’essere psichico compiuto nel tempio corporale. In questo modo la psicosomatica era intesa nella prima medicina pitagorica (Alcmeone, ecc.) e nella prima psicologia psicoterapica e musicoterapica (Archita di Taranto, Aristosseno, Empedocle, Socrate, Parmenide ecc.). D’altra parte, nelle originarie etimologie pitagoriche (cfr Timpanaro Cardini, Frammenti pitagorici), Psiche e Soma erano intercambiabili e cosa ancora più signi­ficativa, con il termine soma, si intendeva una forma di strumento delle muse o strumento dell’armonia naturale (artistico-scientifica).

            Psiche risultava quindi, essere tale forza, un’idea-prassi di armonizzazione umano-divina che muoveva la “vis medicatrix naturae”. E’ interessante notare come Gershon, il medico fisiologo scopritore del cervello viscerale, abbia cambiato, recentemente, la terminologia per identificare la sua scoperta, ridefinendo con l’aggettivazione di “enterico”, ciò che prima denominava “viscerale” certo non a caso. Non oso pensare che l’abbia fatto per prendere le distanze dalla riscoperta, a cura di uno psicoterapeuta non medico, (certo Francesco Palmirotta) che tempo fa gli scrisse facendogli notare l’attinenza tra la sua scoperta al microscopio elettronico e la visione della Psiche Viscerale dei filosofi-terapeuti di 2500 anni fà (cfr. engastrimyuthoi in R.B. Onians “Le origini del pensiero Europeo” 1998 ed. Adelphi-Milano= voce dell’ anima viscerale o sintesi olistica del cervello enterico viscerale cfr. Michael D. Gershon, MD “The Second Brain” HarperPerennial edition 1999).

           D’altra parte non si spiega perché , sempre Gershon , abbia non più usato il termine “Psychosomatic” che aveva utilizzato in ben due capitoli della prima edizione del suo libro depositato nella Library of Congress (l’Ente USA che racco­glie le prime istanze del diritto d’autore) anzi “Psychosomatic aspects” viene utilizzato per intitolare ben due capitoli a seguito di “Gastrointestinal Deseases” cfr. le prime pagine della pubblicazione dell’autore. Sicuramente l’interesse lobbistico e ascientifico di certe frange riduzioniste, è alienare, attraverso la medicina, l’autopoiesi dell’essere umano. Le “Big Pharma” e le lobby ad esse asservite,  hanno interesse ad eliminare qualunque attinenza-associazione tra terapia-medicina-psiche-soma specie se, da questa, può derivarne un ripri­stino autopoietico dalle radici della cultura occidentale, dalla filosofia, dalla terapeutica non medica e umanistico-rinascente contro il meccano-genetico-riduzionismo (nuova religiosa tendenza o paradigma di moda della “scienza” nella nostra epoca). Non dimentichiamo di meditare (cfr. sopra alla voce “ontosofia psicosomatica”) quanto scrive (Leonardo Ancona) nel suo libro “La mia vita e la psicanalisi “ed. Magi 2003, a pag. 457:” La correzione di un franco stato psicosomatico in alcun modo si può verificare spontaneamente sotto la spinta della vis medicatrix naturae;”

             Secondo gli studi di Bohr, le particelle isolate sono delle astrazioni, le loro proprietà sono definibili e osservabili soltanto mediante lo studio della loro interazione con altri insiemi. Si riduce così la dicotomia esistente che vuole separate res extensa e res cogitans ( mente e spirito) inserendole in un unico grande “Universo” in cui tutto comunica, i corpi, la coscienza individuale comunica con quella universale.

    “Vorrei proporre la candidatura del dr. Palmirotta Francesco di Bari, Italia al Premio Internazionale Sigmund Freud per la Psicoterapia per il gran numero di casi risolti durante i 20 anni ( ad oggi 40) di attività. Essendo un fisico teorico ricordo l’impressione negativa, di circa dieci anni fa, quando lessi il libro frutto, nel 1952, della collaborazione tra W. Pauli e lo psicoterapeuta C.G.Jung “ Natureklaerung und Psyche”. Quel libro difendeva delle tesi alquanto irrazionali riguardanti le esperienze mistiche e “ sovrannaturali” della nostra mente. Alquanto diverso e più attraente è, per me, l’”ideologia” che viene fuori dalle mie discussioni con Palmirotta. Egli insegue una forma di realtà che egli intravede chiaramente nel paziente e che, in qualche modo, si interpone tra la dura realtà oggettiva della Fisica Classica e la Realtà Psichica conscia delle nostre menti. Questo viene percepito come realtà psicosomatica capace di agire sul soma e di restaurare un ordine naturale che è stato disassemblato da innaturali eventi precedenti. Agendo sulla psiche, sembra possibile, almeno in alcun casi,guarire malattie concrete nelle diverse parti del corpo! Il punto che vorrei sottolineare è che leggendo il libro di Palmirotta, “ Psicoterapia e Musicoterapia. Indagini e casi risolti” e, discutendone con l’autore, mi sono completamente convinto circa l’efficacia della sua terapia. Egli interagisce con il paziente parlando, chiedendo, rispondendo, consigliando e, quasi inseguendo quell’entità fluido reale ( che ho cercato di descrivere prima) della personalità del paziente che rifiuta di essere pienamente afferrato. Quando egli sente di avere la patologia psichica- psicosomatica almeno parzialmente sotto controllo, il paziente inizia a a sentirsi meglio. (….) Le nostre discussioni son state di grande interesse per me, am dobbiamo renderci conto che la scienza moderna è tutt’ora abbastanza primitiva, lungi dall’essere “conclusa”come sostengono alcuni. il riduzionismo dovrebbe essere valido a livello ontologico (….) . L’unica idea che potevo adottare era di considerare la probabile esistenza nella natura delle onde quantiche associate con le entità sub-atomiche. E, infatti, ogni oggetto atomico e subatomico ( fotoni, elettroni, protoni etc), ha una doppia natura, in quanto dimostra sia proprietà localizzate (corpuscoli) che estese (ondulatorie). La scuola di Copenhagen vide in questo una limitazione fondamentale della nostra capacità di comprensione della natura, ma altri grandi fisici (Einstein, De Broglie, Bhom, Bell) considerarono, questa dualità onda- particella, come qualcosa di obbiettivamente reale. Essendo simpatizzante di questo ultimo punto di vista, mi capitò di pensare che, se le onde quantiche degli elettroi presenti nelle strutture del nostro cervello, potesse diventare coerenti l’una con l’altra, allora, l’entità fluida da F. Palmirotta denominata “principio di Ontosofia Psicosomatica” e, da lui, considerata, in qualche modo reale, potrebbe avere un fondamento fisico.a certificazione di una tale spiegazione, sarebbe il fatto che, le armoniose e coerenti onde sonore, sembrano avere un effetto benefico contro la scissione della entità psicosomatica (i successi della musicoterapia di Palmirotta). “

Franco Selleri

Professore di Fisica Teorica Dipartimento di Fisica Università di Bari

             Quindi  gli stati di armonia o disarmonia psicosomatica sono connessi alla comunicazione tra i  flussi energetici individuali con quelli sia collettivi, che dell’ecosistema universale. Il malessere psicosomatico altro non è che energia bloccata che non riesce più a fluire nel modo naturale.

              Tutte le energie presenti nell’uomo e nell’ambiente che lo comprende, tendono ad raggiungimento di una stabilità, un omeostasi naturale ( dal greco ομέο-στάσις : stesso stato) che è poi il processo alla base di ogni cellula vivente, che ne garantisce il corretto esplicarsi delle funzioni e l’equilibrio dal punto di vista chimico, fisico e biologico.

             Il principio di Sfera d’azione, su cui si basa la metodologia dell’Ontosofia Psicosomatica, ha come assunto di base la continua comunicazione e scambio energetico. L’universo sottile può essere considerato come un’interconnessione tra le sfere energetiche individuali con quella universale secondo un’armonia omeostatica.

            Quando alla configurazione energetica originale e reale  dell’individuo, Io Ontico Reale, se ne sovrappone un’altra che secondo il principio di OP viene chiamata “ Io virtuale alieno”, viene  alterato il normale stato di armonia, salute e  benessere psicosomatico che costituisce invece l’Io Reale. Questa alterazione si può manifestare con dei sintomi apparentemente soltanto fisici, psichici, generalizzati o legati ad una specifica porzione del corpo : I luoghi psicosomatici di interferenza (concetto di nucleotide ologrammatico F. Palmirotta: Musicoterapia Psicosomatica p.152 AMOEditrice).

COME RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI,OLTRE GLI ANZIDETTI, CFR F.ALEXANDER, MEDICINA PSICOSOMATICA, GIUNTI BARBERA, 1977; LACHMAN SHELDON J. I DISTURBI PSICOSOMATICI, ANGELI, 1983; E. WEISS, MEDICINA PSICOSOMATICA, ASTRO­LABIO UBALBINI, 1965; V.RUGGERI, MENTE, CORPO, MALATTIA, IL PENSIERO SCIENTIFICO EDITORE, 1988; G. GRODDECK, LA NATURA GUARISCE, IL MEDICO CURA, (LA SCOPERTA DELLA PSICOSOMATICA), CELUC LIBRI 1986; MALDONATO

PSICOMUSICOTERAPIA

E un’azione terapeutica su base psichica e psicosomatica, attraverso ogni medium vocale o strumentale, attinente la musicoterapia o le terapie musicali. (cfr. F. Palmirotta, Musicote­rapia psicosomatica ). E utilizzata in psicoterapia come mezzo per facilitare la comunicazione col cliente e per intervenire sulle rigidità corporee e psicocorporee (ologramma dinamico), facendo epochè della razionalità scientifica che viene poi recuperata come coscientizzazione del vissuto organismico. La terapia attraverso l’energia-forza Psiche attuata attraverso gli strumenti (e il Soma era anche considerato tale) e finalizzata a curare le emozioni (pathos, thumos, ecc.) nel senso greco del termine, era stata focalizzata primariamente dai pitagorici, come afferma F. Alexander nella sua ” Storia della psichiatria”.

Psicomusicoterapia, è quindi, la ripresa di quella vetusta sapiente intuizione al fine dell’armonia psicorganica.

RELIGIONE = religo, relegendo, relego

Jean Paulhan evidenzia come Lucrezio fece derivare religio dalla radice di re-ligare, nel significato «dei legami che uniscono gli uomini a certe pratiche»– derivazione che fu poi ritenuta tale anche da Lattanzio e Servio (però col significato di «legarsi nei confronti degli dei»).

     Secondo Michael von Albrecht, da essa, poiché verbo contrario all’idea di liberazione, Lucrezio ne derivò il significato negativo, del quale è: «molto grafica l’espressione religione refrenatus (5, 114), che rispecchia le inibizioni al pensiero filosofico causate dal paganesimo: l’uomo è trattenuto, impedito, essendo le sue mani letteralmente “legate dietro la schiena”». Inoltre «parla spesso dei “nodi stretti” […] della religio, dai quali Epicuro avrebbe liberato l’umanità».[Un significato simile le aveva attribuito lo storico greco Polibio, dando alla religione, ma con particolare riguardo alla tradizione e ai costumi dei Romani, il senso di un instrumentum regni.      

     Nello specifico Lattanzio (250-327), che fu ripreso anche da Agostino d’Ippona (354-430), correggendo Cicerone, sostiene:

«Hoc vinculo pietatis obstiicti Deo et religati sumus ; unde ipsa religio nomen accepit, non ut Cicero interpretatus est, a relegendo.»

«Con questo vincolo di pietà siamo stretti e legati (religati) a Dio: da ciò prese nome religio, e non secondo l’interpretazione di Cicerone, da relegendo.»

(Lattanzio. Divinae institutiones IV, 28. Traduzione di Giovanni Filoramo. Le scienze delle religioni. Brescia, Morcelliana, 1997, pag.286) ( Fonte Wikipedia)

“L’etimologia del secondo elemento del termine è incerta. Alcuni rifacendosi a Cicerone ( De Nat. Deorum , II 28 ) derivano il termine da re-legere “considerare, trattare con diligenza”; altri rifacendosi a Lattanzio ( Div. Inst.IV,28) lo derivano da re-ligare “legare, vincolare”.

S.Agostino, segue Lattanzio senza negare Cicerone.

Il termine religione , preso nel senso più ampio, così da potersi applicare ad ogni religione, dice rapporto di dipendenza dell’uomo nei confronti di uno o più Esseri superiori da cui sa di dipendere e a cui presta un certo culto.” (pag.20 del Dizio­nario Lucarini op. cit.).

Considerando che l’etimologia di religione si rifà al prefisso RE, che richiama evidentemente la latina RES, l’ Ontosofia propone una altra legenda per il termine religione: leggere il senso della COSA (res), della realtà, del mondo della vita, dell’universo della realtà, a cui si è autopoieticamente legati ma che, proprio per questo, si e’ portati a ricrearne ulteriormente il significato” contrariamente a quanto invece accade con le religioni millenarie dove, in qualche modo, si attua il legarsi paradigmatico a pratiche, riti, concezioni e ideologie che risultano interpretazioni dell’essere reale il quale, in quanto tale, scorre e sfugge continuamente ad ogni parametro perchè è ricreazione continua in sè.

RESIDENCE DI ONTOSOFIA PSICOTERAPICA

Con questo termine intendiamo la Psicoterapia Residenziale Ecosistemica maieuticamente guidata dalla visione dell’Ontosofia reale.

Periodo (di 3 e più giorni) di autoconoscenza in un ambiente preparato ad hoc (luogo fisico e insieme di persone – terapeuta trainer e co-terapeuti) finalizzato alla ripresa psicofisica del cliente in disagio psicofisico o in ricerca di autorealizzazione, mediante l’utilizzo di intuizioni e metodologie psicoterapiche individuali e socioambientali (ergoterapia, ippoterapia, musicoterapia, ontosofia onirica, immagogia etc.).

Da un lato si tende a interrompere i legami con l’ambiente solito, familiare e sociale, fonte di interferenza per lo più inconsapevole (perché innescata dal sistema alienante) del disagio ontico-esistenziale, e, dall’altro, si vuole realizzare nella coscienza egoica l’importanza della costante attenzione ai propri comportamenti e processi psichici (reazioni immediate, sogni sintomi psicosomatici quotidiani, etc.) che vengono sottoposte al vaglio dello psicoterapeuta maieutico, conduttore e responsabile del residence stesso.

SCHIZOFRENIA

E’ il processo di scissione fondamentale della Psiche in se’ stessa ma anche della Psiche dal Corpo proprio (cfr. Merleau- Ponty).

L’atto della scissione mentale o psichica è alla base di qualunque altra forma di sintomo somatico e/o psichico. Nella mia esperienza di 40 anni di clinica libero-professionale, tutte le volte che ho risolto attraverso l’Ontosofia psicoterapica un sintomo psichico o psicosomatico, ho trovato innescato nella Psiche del paziente, un alter-ego (composto da componenti paradigmatiche, psicologiche sociofamiliari di un sistema alienante intergenerazionale) una sorta di software ologrammatico, simile al contenuto di un DVD psico-biologico, che imponeva la sua legenda alterata delle realtà relazionali, dei significati psico-semantici del vero – falso, del morale-immorale, dell’anima -corpo, del bene – male (non a caso la prima completa stesura della Onto­sofia di J. Clauberg, (cfr, op. cit. all’indice) cartesiano del tardo 1600, tratta proprio di questi temi cosi cari alla Psicologia, Psicoterapia Contemporanea e alla filosofia morale o all’etica.

Il principio naturale della Saggezza del proprio Essere (vincolo) Psiche – Soma, viene negato già nel corso dei secoli da un sistema alienante che iperagisce attraverso la sintesi di una coscienza aliena all’essere umano naturale e direttiva debilitante del senso – non senso della realtà di un pensiero o di una azione (si pensi al genio maligno del “dubito” di Cartesio).

Ovviamente quanto dico, non contraddice il senso scientifico che si da al termine Schizofrenia nel corso delle varie stesure dei DSM. Si tenga pre­sente che le diagnosi di malattie mentali secondo le statistiche dell’OMS, sono, ( nonostante 200 anni di psichiatria) di circa 500 milioni nel mondo odierno e, sono in aumento, ed alcuni autori ipotizzano che diverrà la seconda causa di invalidità o morte dei prossimi tempi.

“E il sistema arriva dritto fino al midollo delle nostre ossa alle nostre funzioni endocrine, ai nostri atteggiamenti, ai nostri schemi percettivi, al ritmo delle nostre vite, al nostro modo di usare il linguaggio. Presiede persino la nostra nascita, al come siamo nati. Ora, l’unico modo che un sacco di gente conosce per uscirne, è quello di andare nel pallone, di perdere il controllo, ma ci sono altri modi come quelli che ho usato o, e che non comportano l’entrare nel casino totale …….ma devono conoscermi personalmente per liberarsi. ……Uno che in altre parole, è nella posizione di poter esaminare il sistema di controlli senza uscire di senno alla sua sola vista ……significa che si deve arrivare nel cervello della gente sotto controllo, per vedere se lo si può cambiare naturalmente, molti psichiatri pensano che una idea del genere sia in se stessa un sintomo evidente di schizofrenia.

Questo, anzi, è proprio quello che loro chiamano schizofrenia.

Ma quelli che hanno il potere non se lo godono nemmeno loro. Essi sono in potere del potere che gestiscono più di molti altri . …..Il 95% dei professori di psichiatria in America mi consideravano schizofrenico ……anche se loro stessi non lo sanno, strutturalmente e funzionalmente sono gli agenti di una intricatissima rete di controlli (sistema alieno)”

Cfr.R.D. Laing pag.53 de”Al di là della psichiatria” ed. New Compton-Roma 1979.

SINTESI DI COSCIENZA

E l’insieme delle afferenze e delle efferenze significative al fine di costruire o ricostruire l’Io Ontico Esistenziale, cioè il progetto dell’Io Ontico nella storia individuale. Si svolge come incontro di gruppo o come pratica individuale. In qualche modo ricorda l’anamnesi pitagorica: la riflessione sui singoli momenti del proprio vissuto sono un modo per riportare all’unità la molteplicità delle esperienze vitali. Nel momento della riflessione nella luce speculare dell’essere in sè, l’individuo scopre di essere la somma di tutte le esperienze vissute ma scopre anche, che, quelle esperienze, le ha avute e le può ricapitolare in senso ontosofico, perché l’unità del suo Io, la precondizione affinchè esse non siano state un pullulare di fenomeni non riconducibili all’identico essere , si attui perseità, personologia coscienziale. L’io scopre anche che il momento finale di ogni qui e adesso dell’io ontico è, non soltanto la somma di quelli precedenti, ma anche qualcosa di più, Ontosofia Gestaltica individuata. La sintesi di coscienza diviene un assioma ontico-dinamico dell’Io.

Per un riferimento all’assiomatica ontica cfr. Parmenide, Testimonianze e frammenti a cura di M. Untersteiner, La Nuova Italia. Il processo della sintesi di coscienza è subcondotto dal logotikoi individuato, ossia, dall’entità che abita il luogo-logos dell’individuazione. Dalla logica della mathesis pitagorica, dalla logica eleatica, aristotelica, di Filone di Alessandria e di Plotino, si delineano i passaggi della saggezza ontica (Ontosofia) come sentiero-luce entro e oltre lo spazio-tempo che consente all’unità mnemonica del vivente l’autorealizzazione felice. Quest’ultima corrisponde alla paideia divinizzante, dionisiaca che era mitopoieticamente attuata attraverso il culto di Mnemosyne. Tutti i concetti di unità mnemonica successivi, nella storia della mnemo-fisiologia, possono tranquillamente riferirsi alla Mnemosyne orfico-pitagorica compresi quelli del comportamentismo, cognitivismo, neuroscienze, costruttivismo e delle teorie fondate sul concetto di memoria, mneme, cognizione, variabile intenzionale o anche operazionale.

L’anamnesi clinica, divenuta riduttiva ricognizione di storie e passaggi più o meno significativi di una sintomatologia meramente genetica fisiologica o anche psicologica, dell’individuo in relazione alla famiglia d’origine, deve, alla luce di quanto detto sopra, ritrovare il valore vitale e autorealizzativo, salutare della visione ontosofica così ripresa e rimeditata dalla storia della filosofia.

La parola anamnesi deriva dal greco “ἀνάμνησις” (anamnesi) e dal verbo corrispettivo ἀναμιμνήσκω (anamnesco) – ricordare.

Nell’antica Grecia la Memoria era identificata con la Dea Μνημοσύνη ( Mnemosyne) signora dei colli di Eleutere, figlia di Terra e Cielo ( Teogonia 12,-135), che generò con Zeus le nove Muse. La Memoria che rappresenta Mnemosyne è la Memoria Universale ( cfr. l’Akasha dell’induismo buddismo), colei che permetteva di ricostruire la storia vivente unendo il principio con la fine. Si narra che, all’entrata dell’Ade, vi fossero due fonti a cui le anime potessero abbeverarsi, il Lete (dimenticanza) e Mnemosyne ( il ricordo). Questo tipo di memoria era intesa dai pitagorici e da Alcmeone di Crotone che, primi applicatori dell’anamnesi, sostenevano che “l’uomo perisce perchè non è più in grado di unire il principio con la fine”.

Le testimonianze su Mnemosine ci pervengono attraverso la laminetta orfica di Hipponion ( IV sec a.C.)

“Di Mnemosine è questo sepolcro. Quando ti toccherà di morire

andrai alle case ben costruite di Ade: c’è alla destra una fonte,

e accanto a essa un bianco cipresso dritto;

là scendendo si raffreddano le anime dei morti.

A questa fonte non andare neppure troppo vicino;

poi di fronte troverai fredda acqua che scorre

dalla palude di Mnemosine, e sopra stanno i custodi

che ti chiederanno con il loro spirito severo

cosa vai cercando nelle tenebre di Ade rovinoso.

Di’ loro: Sono figlio della Terra e del Cielo ricco di stelle,

sono arso dalla sete e muoio; ma datemi subito

la fredda acqua che scorre dalla palude di Mnemosine.

E si prenderanno pena di te per volere dei giudici di sotterra;

e sicuramente ti lasceranno bere le acque di Mnemosine;

e infine percorrerai una lunga strada, quella stessa sacra che altri

misti e iniziati a Bacco percorrono ricchi di gloria”.

(Laminetta trovata ad Hipponio; Colli, I, pp. 173-175)

SFERA D’AZIONE

Dal concetto pitagorico di armonia delle sfere, si emancipa l’intuizione che esistano diverse individuazioni psicofisiche interagenti e interconnesse, trasfuse l’una nell’altra, che costitui­scono diversi ordini e gerarchie di realtà e quindi di coscienza del reale ontico.

La composizione energetica più sottile di questa realtà, potrebbe far considerare che, ognuna di esse e tutte insieme, le sfere, contri­buiscano ad una omeostasi psico-energetica sottesa alla fenomenologia dell’universo fisico.

“L’unica idea che potevo adottare era di considerare la probabile esistenza nella natura delle onde quantiche associate con le entità sub-atomiche. E, infatti, ogni oggetto atomico e subatomico ( fotoni, elettroni, protoni etc), ha una doppia natura, in quanto dimostra sia proprietà localizzate (corpuscoli) che estese (ondulatorie). La scuola di Copenhagen vide in questo una limitazione fondamentale della nostra capacità di comprensione della natura, ma altri grandi fisici (Einstein, De Broglie, Bhom, Bell) considerarono, questa dualità onda- particella, come qualcosa di obbiettivamente reale. Essendo simpatizzante di questo ultimo punto di vista, mi capitò di pensare che, se le onde quantiche degli elettroi presenti nelle strutture del nostro cervello, potesse diventare coerenti l’una con l’altra, allora, l’entità fluida da F. Palmirotta denominata “principio di Ontosofia Psicosomatica” e, da lui, considerata, in qualche modo reale, potrebbe avere un fondamento fisico. A certificazione di una tale spiegazione, sarebbe il fatto che, le armoniose e coerenti onde sonore, sembrano avere un effetto benefico contro la scissione della entità psicosomatica (i successi della musicoterapia di Palmirotta).”

Franco Selleri

Professore di Fisica Teorica Dipartimento di Fisica Università di Bari

Il principio scientifico della Sfera d’Azione è sintetizzato nella formula:

SfA = E . I = PA.

Ciò significa che, la Sfera d’Azione (SfA), è il risultato di E (Energia in senso einsteiniano) moltiplicato per I (Intenzionalità dell’Essere); la risultante individuale è la costante P (Psiche, intesa in senso presocratico) in A (Armonia, intesa in senso pitagorico come armonia delle sfere macro-microcosmiche).

Questa formula funziona sul piano terapeutico e, essendo il sintomo psichico o psicosomatico un’energia bloccata, ha un rilievo fisico, nel senso che è pertinente alla realtà fisica. Quindi la formula suddetta può avere corollari e risvolti per la fisica come fu per la sincronicità di Jung. Il principio di Sfera d’azione, su cui si basa la metodologia dell’Ontosofia Psicosomatica, ha, come assunto di base, la continua comunicazione e scambio energetico.

L’universo sottile può essere considerato come un’interconnessione tra le sfere energetiche individuali con quella universale secondo un’armonia omeostatica.    

Quando alla configurazione energetica originale e reale  dell’individuo, Io Ontico Reale, se ne sovrappone un’altra che secondo il principio di OP viene chiamata “ Io virtuale alieno”, viene  alterato il normale stato di armonia, salute e  benessere psicosomatico che costituisce invece l’Io Reale.

Per Sfera d’Azione ontico-esistenziale si intende l’insieme delle azioni, consapevoli e inconsapevoli, di una collettività più o meno estesa di esseri umani in vitale armonia con il loro ecosistema, per produrre creativamente il progresso del singolo e della collettività, che viene validato dal benessere psicosomatico dell’individuo in armonia con la natura del luogo dove vive.

SINOLO-ENTELECHIA, unione di anima e corpo.

Nella nostra scuola ricorriamo a questi concetti nella fase propedeutica alla ricostituzione dell’io ontico, e, per rimettere negli spazi-tempi psico-biologici, occupati da immagini filmiche e ologrammi virtuali (alieni, schizofrenici), l’esatta azione interiore dell’anima ontica che confi­gura esistenzialmente l’io ontico. La corrispondenza tra i concetti sinolo-entelechia e quello di più recente divulgazione scientifica, di psicosomatica, consente una fluidificazione estensiva degli ologrammi scientifici tradizionali di stampo meccanicistico circa la psiche e il soma al fine di diagnosticarli ed eliminarli più facilmente ricorrendo alla saggezza archetipica della semantica costitutiva e fondante.

SISTEMA ALIENANTE

Il sistema alienante è un vasto complesso e “improbabile” di incatenamento di azioni e reazioni che uccide, o annichilisce lentamente, privando del senso della vita la psiche dell’essere umano. Solo pochi autentici maestri di filosofia, psicologia o matura e naturale esperienza mondana e storico epocale, hanno saputo, o sanno visionare ( il sistema alienante) in tutti suoi terminali aberranti la salute e la felicità di vita. Suicidio, omicidio, incidenti, malattie organiche o psicosomatiche nel loro avverarsi tremendo ineluttabile destinato, nascondono, secondo l’Ontosofia Psicosomatica, la trama di tutta una serie di condizionamenti estranianti la logica vitale.

Da un insieme di fattori casuali e non, emerge la apparente finalità, imperscrutabilmente volta alla morte o all’annullamento della volontà animica, del sistema alienante.

La diagnosi di questa “sovraentità” (sistema alienante), può essere evidenziata da un’attenta e spregiudicata anamnesi. Nei  casi in cui, l’individuo, si accorge di essere sub-condotto terminalmente nelle sue azioni e pensieri, nella sua logica esistenziale, il terapeuta, insieme alla coscienza ripristinata dell’io ontico, può operare il ripristino della creatività e dell’amore per la vita.

 Il risvolto di tutto questo ha, come cadenza sistematica, l’autopoiesi psicosomatica del benessere.

“Il suicidio di un paziente data la sua finalità, è probabilmente l’esperienza più terribile che può accadere ad uno psichiatra nella pratica professionale…….è una delle più importante cause di morte tra i pazienti psichiatrici……il suicidio è un fenomeno psichiatrico sul quale le idee sono molto confuse …….la persona che ha tentato di suicidarsi ed è riuscita nel suo intento non è più a disposizione per uno studio psicologico e psichiatrico……Farberow e Shneidman hanno chiamato soggetti della morte sub meditata persone in cui la motivazione inconscia o pre conscia a morire o a venire uccise è tale che per essa molte situazioni possono essere considerate equivalenti di suicidio ( incedenti intenzionali, omicidio provocati, omissioni di cura della propria salute, partecipazione ad attività pericolose e persino disturbi psicosomatici gravi)” James M.A. Weiss pag 480 – 481 Manuale di Psichiatria a cura di Silvano Arieti edizioni Bolinghieri 1969.

“E il sistema arriva dritto fino al midollo delle nostre ossa alle nostre funzioni endocrine, ai nostri atteggiamenti, ai nostri schemi percettivi, al ritmo delle nostre vite, al nostro modo di usare il linguaggio. Presiede persino la nostra nascita, al come siamo nati. Ora, l’unico modo che un sacco di gente conosce per uscirne, è quello di andare nel pallone, di perdere il con­trollo, ma ci sono altri modi come quelli che ho usato o, e che non comportano l’entrare nel casino totale …….ma devono conoscermi personalmente per liberarsi. ……Uno che in altre parole, è nella posizione di poter esaminare il sistema di controlli senza uscire di senno alla sua sola vista ……significa che si deve arrivare nel cervello della gente sotto controllo, per vedere se lo si può cambiare naturalmente, molti psichiatri pensano che una idea del genere sia in se stessa un sintomo evidente di schizofrenia. Questo, anzi, è proprio quello che loro chiamano schizo­frenia. Ma quelli che hanno il potere non se lo godono nemmeno loro. Essi sono in potere del potere che gestiscono più di molti altri . …..Il 95% dei professori di psichiatria in America mi consideravano schizofrenico ……anche se loro stessi non lo sanno, strutturalmente e funzio­nalmente sono gli agenti di una intricatissima rete di controlli (sistema alieno)”

Cfr.R.D. Laing pag.53 de”Al di là della psichiatria” ed. New Compton-Roma 1979.

SISTEMA DELL’ESSERE REALIZZANTE

L’Io umano nonostante le varie accezioni psicologiche, psicoanalitiche, filosofiche, può essere considerato a ragione più che un’istanza teorica socio-familiare un vero e proprio ecosi­stema dinamico di energie fisiche e non, finalisticamente interagenti con tutti gli altri ecosistemi locali e non locali dell’universo.

Partiamo da questa eccezionalità ideale dell’Io, per lasciare intendere che,  secondo la visione dell’ Ontosofia il sistema realizzante (o dell’ Essere Realizzante) è pertinente ad una reale, naturale imprescindibile attività che la vita terrestre e universale va svolgendo come progetto millenario da passati remoti a futuri altrettanto imprescrutabili ( ma non per questo logicamente indiscernibili e attendibili nelle coscienze del presente), nell’individuazione umana e nell’umanità come entità dell’ essere multiversale.

“Chi mi muove a scrivere in questi termini e a te che leggi a comprendermi in altrettanti significati”? Noi tutti abbiamo continuamene l’evidenza di una intelligenza che ci intenziona e che ci muove attraverso il mondo della vita e oltre.

Questa evidenza intima e oggettiva allo stesso tempo, è la prima e più sistema­tica fenomenologia del sistema (dell’ Essere) realizzante.

Nel momento in cui ci guardiamo intorno, prendiamo coscienza di un ecosistema che si regolamenta da se: le piante, il sole, il cielo non ha bisogno di nessun intervento di ricognizione razionale, tecnologico o artificiale, per esistere. Perché non si può credere nell’Ecosistema Essere Umano in quanto particella della realtà universale che realizza se stessa nell’individuazione?

Agli animali, alle piante agli atomi e agli elettroni non è stata frammentata mai la dignità di esistenza reale come all’ Essere Umano in quanto ecosistema in sé. Nonostante questo, l’ecosistema dell’essere umano, continua a realizzare il senso della vita attraverso tutte le guerre, tutte le forme di malattia, di schizofrenia, di paranoia e dittature laiche o religiose.

La mitologia di ogni popolo e di ogni epoca è la prova di un continuo impulso del sistema realizzante contro il sistema alienante a fondare il valore dell’ essere vero né più ne meno di quanto il protocollo di Kioto sia un atto politico necessario e dovuto da tutti gli stati verso la vita e i propri cittadini, i propri alberi dei propri animali della propria realtà, della propria terra…..

SOGGETTIVITÀ TRASCENDENTALE PSICOSOMATICA

È la sfera d’azione metafisica rispetto all’io storico, ma che coinvolge dal suo progetto finalistico, lo stesso io in quanto lo sottende. E’ come se fosse l’aura calorica della corporeità che, nella sua capacità omeostatica, difende e raccoglie l’io attraverso tutta la segnaletica psichica e psicosomatica di variazione dei campi di interferenza positiva o negativa o le sollecitazioni delle vettorialità intenzionale di concrescita, naturale, sociale, individuale.

SOMA

Di derivazione dal greco antico σῶμα «corpo»; lat. scient. –soma che significa, in genere, «corpo». Soma indicava anche lo strumento dell’armonia. Soma, per i pitagorici, era interscambiabile con il termine psiche. Questo, identifica, il senso della ricerca moderna in psicoterapia psicosomatica che, postula la necessaria identità e unità di psiche e soma a fondamento di tutte le forme di terapia che escludono qualunque invasività o addizione di elementi diversi dal corpo proprio o psicosoma individuato.  

(cfr. I pitagorici op. cit.). Sofocle, nella sua tragedia “ Antigone”, 442 a.C., intende il termine soma, come un insieme di individui, tanto che, nella tragedia, indica con “ta pollà somata”, la maggioranza, evidentemente riferendosi al significato di corpo sociale.

SOMATIZZARE

Dal greco somatizo (σωµατιζω= rivestire il corpo). Si verifica quando, un individuo, sperimenta un livello variabile di sofferenza psichica attraverso la comparsa di sintomi fisici

L’immagine, nel momento in cui segna, o si inserisce come entità estranea al finalismo vitale dello psicorganico, è somatizzazione, rivestimento dell’organico psichico,(anima corporea) ologramma alienante e condizionante che, se non eliminato, abreagito, genera l’irrazionalità del thumos e il senso della prigione tomba del sema-soma, ossia il ciclo della reincarnazione, il ripetersi errante della complessualità alienante.

SOPHOTHEATRE

La tradizione attribuisce le prime forme di teatro a Tespi, giunto ad Atene dall’Icaria, verso la metà del VI secolo a.C. La tradizione vuole che sul suo carro trasportasse i primi attrezzi di scena, arredi scenografici, costumi e maschere teatrali. Ogni forma di teatro è la rappresentazione della vita vista e agita dalla saggezza illuminante dell’Essere per provocare e realizzare l’Io Ontico Reale umano di contro a ogni interferenza alienante o virtuale, presente nel soggetto o nel sistema schizofrenogeno, condizionato dalle istituzioni socio-familiari alienate, per riprendere e realizzare i motivi delle istituzioni sociofamiliari autentiche e naturali. Si rifà al teatro della spontaneità di Moreno e soprattutto alla tragedia, alla commedia e alla mitologia greca.

SOGNO (cfr. incubazione e Ontosofia Onirica)

Strategia progettuale di auto-realizzazione espressa in complessi ma conoscibili codici simbolici.

     Ritengo che i sogni precorrono certi eventi psicosomatici e gli uomini non se ne accorgono e non gli danno alcun valore. Continuano a dormire senza sognare o a sognare senza utilizzare realmente il senso perchè la ragione dell’uomo non è in grado di coordinarsi con l’Autentica Intelligenza ontica, inconscia, onirica.

( F. Palmirotta – Sogno e cancro in S. Freud).

     La letteratura, dalla più antica alla più moderna, è ricca di esempi in cui il Sogno si manifesta ora come profetico, ora come contatto col divino o come intuizione.

      Ne sono un esempio il Somnium Scipionis o ancora il sogno intuitivo fatto da Kekulè che sognò la formula del benzene; o quello dell’archeologi Schliemann che sognò la città di Troia che avrebbe poi scoperto.

      In tutti i casi, il sogno, costituiva e costituisce un messaggio della Psiche destinato o al singolo individuo o ad una collettività. Ecco perché gli antichi Maestri si servivano del Sogno quale intervento terapeutico. James Hillman (1926-2011), nel libro ” il sogno e il mondo infero” esorta ad abbandonare qualsiasi teoria interpretativa che riguardi il sogno al fine di riscoprire la strada che porti alla guarigione dell’anima attraverso l’anima.

    Il sogno non va interpretato ma “visto in profondità”, dice a pag 40, entrare in esso ” facendo anima” ( concetto eracliteo che descrive la spinta a cercare ciò che si nasconde). Viene descritto (p.122) come fatto della stessa materia della psyche ” estrae la materia dalla vita e la trasforma in anima e contemporaneamente, nutre ogni notte l’anima con materiale nuovo”.

    La dimostrazione che, nel sogno, la psiche comunica anche il suo stato psicosomatico, si evince  da un caso di recente letteratura che ha come protagonista il ben noto “padre della psicoanalisi” e dell’interpretazione dei sogni, Sigmund Freud. Freud morì di cancro alla bocca nel 1939. Nel 1895 egli fa un sogno : “ L’iniezione a Irma” sogno che si rivelerà decisivo per il prosieguo della sua vita. In questo sogno lui nota delle zone di leucoplachia all’interno della bocca della paziente ( F. Palmirotta – Sogno e cancro in S. Freud pag.9).

     Freud continua a fare altri sogni, la psiche continua a inviargli messaggi di sollecitazione, ma la sua eccessiva razionalità gli impedisce di vedere la capacità operativa della Psiche e continua a considerare il sogno come un semplice appagamento di un desiderio ( F. Palmirotta – Sogno e cancro in S. Freud, AMOEditrice).

     Di fronte a un sogno vero io provo la stessa emozione, la stessa visione che lo scultore, l’artista prova di fronte un blocco di marmo da scolpire, da cui trarre l’anima nella forma ottimale da realizzare. Il sogno però dura un attimo, una notte…ma la scultura di quell’anima, per un terapeuta della psiche, può durare anni o tutto il ciclo di una vita: com’ io sono un maestro dall’anima, così l’artista trae dalla pietra la forma che le è intima. Io non sono maestro di quell’anima, bensì l’idea dell’anima è maestra in me e per me…perché quella forma già realizza…e come lo scultore, io attendo fedele maestria interiore di un volo nell’esistenza. Di un passo dell’Essenza. Nel silenzio molte volte trasformo la materia della vita nell’anima che vi è infusa e invisibile motiva intensamente la sua unica realtà sotto gli occhi ingenui dell’io bambino in ogni luogo ( F.Palmirotta)

TERAPIA – THERAPEIA

Facciamo riferimento al significato della parola greca θεραπευω che significa prendersi cura e anche rispettare oltre che guarire. Il termine Therapeia, che significa letteralmente prendersi cura dell’anima, identifica quindi una metodologia ed una disciplina della psiche, che fa armonia dall’armonia dell’essere in sé. Il primo passo dell’essere che cura, è il rispettare l’ontosofia dell’altro essere in sé.

Il “rispetto” è la risonanza dell’Io Ontico Reale dello psicoterapeuta con l’Io Ontico Reale del cliente significa che il terapeuta deve accordarsi con l’interiorità maestra del cliente in ogni decisione psico-esistenziale. Egli, cioè, “vede” la dinamica della maestria interiore e agisce psi­cosomaticamente per far rinascere il cliente nella sua unicità, rispettando i tempi della sua crescita individuale , storica e coscienziale. Con “vedere” si intende un’osservazione scientifica, una visione psicosomatica, che constata attraverso i riferimenti o evidenze soggettivo-oggettive dell’ideazione-comporta­mento cinesico-prossemico, fisiognomiche e, prima di tutto, psichico-psicosomatiche, e attende in senso ontosofico ogni passo ulteriore della crescita personologica.  La  terapia, intesa come cura della psiche attraverso la psiche, (therapeia), è un insieme di procedimenti che, in ogni civiltà, sono stati attuati dai sapienti di riferimento. Nell’area mediterranea, la comunità dei ” Terapeuti” si è si sviluppata all’incirca nello stesso periodo di quella degli Esseni ( II sec. A. C.) e dei popoli di Qumran ( Manoscritti del Mar Morto, 1947). Questa comunità viene ben descritta nell’Opera di Filone di Alessandria : De vita Contemplativa”. I Terapeuti sono coloro che “tendono alla sommità della virtù”. Erano filosofi in senso greco. Con una forte tensione alla contemplazione dell’Essere ( De Vita Contemplativa, 11). Praticavano la danza ed erano esperti di musica in quanto credevano che così si stabilisse la comunione, armonia totale con ogni forma esistente,in quanto parte dell’universo dell’essere.  Ad avvalorare questa tesi è la “condizione della donna” , che veniva chiamata Terapeutride, che era valorizzata all’interno della comunità.

La scelta di tali filosofi appare subito chiara dal loro nome: essi si chiamano θεραπευταί ( terapeutài) e θεραπευτρίδες ( terapeutrides ) e questa loro denominazione, che deriva dal verbo θεραπεύω (terapeuo), è ben adeguata per due ragioni: esercitano infatti una terapia medica più nobile di quella praticata in città, poiché quest’ultima cura soltanto i corpi mentre quella anche le anime, afflitte da mali gravi e difficilmente curabili, mali che furono originati da piaceri e desideri e sofferenze, paure, ambizioni, follie, ingiustizie e da una quantità inesauribile di altre passioni e vizi; inoltre, essi furono educati a servire l’Essere secondo la natura e le sacre leggi; e l’Essere è più grande del Bene e più puro dell’Uno, ed ha un’origine più antica della Monade.

[12] Coloro che intraprendono tale servizio spirituale, non seguono un’usanza, né un’esortazione o un suggerimento, ma, rapiti da amore celeste, come baccanti o coribanti, sono posseduti dallo spirito divino, finché non vedono ciò che desiderano.

( Filone di Alessandria, De Vita Contemplativa)

Conducevano una vita ritirata a ” praticar filosofia”, soltanto una volta a settimana si riunivano in comunità per praticare la Terapia. Sicuramente venuti a contatto con le dottrine pitagoriche ed egizie, realizzavano, nel loro quotidiano, ciò che è descritto nei versi aurei come ” vita pitagorica”.

[24] Quanto alle abitazioni di quelli che vivono in comunità sono molto semplici e forniscono riparo dai due pericoli maggiori, cioè il caldo del sole ed il freddo dell’aria. Non sono tutte vicine, come quelle in città: la vicinanza è infatti cosa fastidiosa ed insopportabile per chi cerca la solitudine; ma non sono neppure distanti, per quel senso di comunità che è loro caro e perché, nel caso d’una scorreria di briganti, possano portarsi aiuto reciproco.

[25] In ciascuna casa v’è una stanza sacra, chiamata santuario e monastero, in cui, stando come eremiti, vengono iniziati ai misteri della vita consacrata, senza introdurvi nulla – né bevanda né cibo né altro che sia necessario ai bisogni del corpo -, se non leggi e oracoli vaticinati dai profeti, inni e tutto ciò che contribuisce ad accrescere e portare a perfetto compimento saggezza e devozione.

[30] Dunque per sei giorni essi, stando ognuno in disparte, da solo, nei suddetti monasteri, esercitano la filosofia, senza varcare la soglia della stanza e senza neppur guardare da lontano; il settimo giorno poi, si riunisco-no in una assemblea comune e siedono uno accanto all’altro, secondo l’età, in un atteggiamento appropriato, cioè con le mani sotto gli abiti, la destra tra il petto e il mento, la sinistra nascosta lungo il fianco.

 In un periodo in cui la donna veniva vista come portatrice di “passioni” che distoglievano l’uomo dalla conoscenza dell’Intellegibile, presso i Terapeuti era invece considerata al pari dell’uomo. Veniva istruita sulle arti, le scienze, l’astronomia e praticava sia la Terapeia ( cura dei corpi e delle anime) che la Teoria.

[88] Su questo coro soprattutto si modella quello dei Terapeuti, donne e uomini, con note e voci alterne, al tono basso degli uomini mischiandosi quello acuto delle donne sì da produrre un’armonia completa: una “musica” nel vero senso della parola. Bellissimi i concetti, bellissime le parole, venerabili i coreuti; il fine sia dei concetti che delle parole e dei coreuti è la devozione.

[89] Dunque essi, ubriachi sino al mattino di questa nobile ebbrezza, senza avere la testa pesante o chiudere gli occhi, ma più desti di quando erano giunti al banchetto, con gli occhi ed il corpo volti all’aurora, quando vedono il sole spuntare, levando le mani al cielo, invocano un giorno sereno e la conoscenza della verità e la penetrante vista della ragione; dopo le preghiere ognuno ritorna alla sua cella, per praticare e coltivare la solita filosofia.

La necessità di riunirsi era dovuta al fatto che i Terapeuti miravano a fare in modo che la Terapeia e la Teoria ( dove comincia il principio della parola), non rimanessero soltanto un fatto teorico ma venissero applicate e vissute nella comunità.

Ai tempi di Filone il terapeuta è un tessitore, un cuoco che ha cura del  corpo e delle immagini che abitano la sua anima. Ha cura degli dèi e dei logoi dell’essere che gli dèi dicono alla sua anima.. è uno psicologo (cfr pag 18  J.Y.Leloup, Aver cura dell’essere ED.Arkeios, 1993).

Il terapeuta aveva cura degli dei poiché gli dèi erano le immagini attraverso le quali l’uomo rappresenta a se stesso l’assoluto, immagini molteplici dell’essere Unico. Gli dèi sono anche i valori che orientano e innalzano la vita in termini più filosofici si parla di trascendentale: il Bello, il Vero, il Bene.

Per gli antichi terapeuti la guarigione psichica è anche legata alla conoscenza metafisica. Nulla può essere veramente grave se non si perde la coscienza dell’Essere che E’. La malattia mentale, non è forse, ancora oggi, la perdita del senso del reale, imprigionamento dentro rappresentazioni o riflessi del reale che noi crediamo siano la realtà stessa?

[90] Tanto sia detto riguardo ai Terapeuti, che hanno scelto con gioia di contemplare le cose del-la natura e ciò che le appartiene, e vivono solo nella loro anima, cittadini del cielo e dell’universo, uniti dalla loro virtù al Padre ed artefice di tutto: la virtù ha loro procurato l’amicizia [di Dio] e vi ha aggiunto il dono più consono, la nobiltà d’animo (καλοκγαθία), dono migliore di ogni buona fortuna e tale da condurre alla vetta della felicità

( Filone di Alessandria, De Vita Contemplativa)