Alla voce Arte il dizionario Lucarini (pag. 494 del I volume) non fa alcun cenno a Policleto scultore greco nato ad Argo intorno al 480 a.c. e morto verso la fine del quinto che invece è citato a pag. 667 sempre dello stesso dizionario volume VI, ma senza legarlo alla pre cedente voce Arte. Quello di scindere la continuità tra le intelligenze nel loro contributo alla civiltà autentica dell’ Essere Umano è un problema di molti dizionari storici, filosofici, scientifici, ed è il motivo di quella babele dei linguaggi che sin dall’esposizione che se ne fa nella Bibbia si rivela una condanna fomentatrice di guerre fratricide basate sulla mistificazione del significato naturale o semantica alienante dell’intelligenza vivente . Così l’arte risulta slegata dalla concezione dell’ Essere in quanto poiesis (generazione autorganizzatrice dell’ Essere Umano). L’arte risulta divisa dalla scienza, quando invece arte e scienza costituiscono una continuità necessaria nel processo di evoluzione dell’ Essere nell’Universo sempiterno. In un passo del convito platonico la possibilità di contenere nel concetto di poesia (poiesis) tutte le teknè per opera delle quali si produca il passaggio dal non essere all’essere era ancora presente nella coscienza degli intellettuali dell’epoca. Policleto, il più grande maestro della scuola Peloponnesiaca dell’ arte classica e, autore del trattato intitolato Canone attinse ai presupposti pitagorici della “simmetria aritmetica” intrinseca nella natura, a dimostrazione che ancora nel quinto secolo il concetto di arte, anche nel significato di teknè, era intimo a quella paideia ispirata e protetta dalle muse di Mnemosine che ancora nel Fedone muoveva Socrate nell’ affermare che la Filosofia è la musica più alta. Da tutto questo s’intende come l’evoluzione verso la virtù “Paideia” ispirata da Mnemosine, madre di tutte le Muse, attuata attraverso l’amore per la saggezza (filosofia) , praticata attraverso le varie teknè (scultura, pittura,…….) che convergevano nel significato di musica (attività governata e ispirata dalle muse), fossero complementari e necessari alla concezione di armonia matetica che Policleto poneva alla base dell’ arte classica e da cui Fidia, L’Iside,Michelangelo, Leonardo, traevano il loro senso di creatività artistica o di deità della mente del pittore (Leonardo citato pag. 493 vol. I del Lucarini). L’Arteterapia Ontosofica è psicosomatica in quanto coinvolge il soggetto o il gruppo in una dimensione psicagogica del proprio Essere e lo volge a recuperare i significati scissi dalle semantiche alienanti nell’evoluzione unificata di arte e scienza in quanto principio di saggezza autopoietica. L’arteterapia in questo modo riconcede le sue radici storico-filosofiche attuando nel processo della “cura” (clinica) quella continuità tra anima e corpo, tra poesis e teknè, tra deità e pratica naturale della vita che ogni individuazione sa in qualche modo presente intimamente. Ontosofica. L’alienazione nell’arte e nella terapeutica possibile attraverso essa è il risultato della perdita o rimozione della coscienza odierna di artisiti e scienziati delle radici storico-filosofiche e ontopoietiche del senso artistico in quanto valore psicosomatico. Fortunatamente esperienze come quelle di Federico Zeri (il famoso critico d’arte) che, percepiva il falso artistico di una statua del museo Getty attraverso un senso di repulsione e malessere psicosomatico come il suo collega B.Berenson (cfr. il periodico della “Macchina del tempo” pag. 87 dic. 2005 n.12 annoVI vespina edizioni srl), affermano ancora oggi che la sensibilità psicosomatica dell’ Essere Umano è ancora presente e oltretutto necessaria per validare o negare la verità o la falsità dell’ arte . D’ altra parte è evidente che sia nella scienza che nell’arte si promuovono o si assumono opere e personaggi chiaramente schizofrenici, come modelli senza che una sapiente coscienza critica possa valutarne il risvolto positivo o negativo nell’educazione alla sensibilità o per risanare la vita psico-fisica. A che pro osannare Van Ghog , Picasso, o tanti musicisti che propongono la loro nevrosi e sofferenza psichica attraverso la repitività concertistica delle loro opere musicali, (si confronti la filosofia di Glen Goud a proposito, il grande concertista si ritirò per non riproporre la ripetività programmatrice nel pubblico). La fruizione dell’opera di un autentico maestro può curare la psiche e il soma e illuminare lo spirito.
Qualunque grande artista ha da proporre, attraverso la sua opera, un intenzione di crescita. Michelangelo voleva dire a Papa Giulio II “ Vedi che Mosè era un uomo che disprezzava il potere della legge, del codice, pur ritenendolo opportuno; invece la Chiesa apprezzandolo lo fissa dogmaticamente nei fedeli, nei credenti” quindi il profeta Mosè viene recuperato secondo una indicazione di libertà umana ancora possibile in prospettiva. Ogni intuizione religiosa o laica ha il dovere morale di introdurre i codici o le leggi nell’umanità solo per una motivazione psicagocica creativo dell’ essere umano: unicamente per evolvere lo spirito creativo della civiltà umana, non per creare degli adepti ciechi e sordi, automi programmati al non-essere.
L’artista Michelangelo cerca di far intuire che la libertà dell’uomo è ancora possibile attraverso l’opera di un uomo saggio nella sede giusta. Allora questa intenzione travalica i secoli e le opere di questo artista passano di generazione in generazione senza tramontare mai perché sono, configurano nelle forme le intenzioni di libertà, i valori, l’antico naturale dell’uomo. Naturalmente questa potrebbe essere l’intenzionalità ontica che io vedo nelle opere di Michelangelo.
A dimostrare che il senso del bello esisteva già presso i pitagorici ed era in qualche modo connesso con la virtù e la musica riporto da Pitagorici testimonianze e Frammenti Fasc. III a cura di Timpanaro Cardini , pag 331, “ Dalle Sentenze Pitagoriche di Aristosseno. Diceva che il vero amore del bello sta nelle attività pratiche e nelle scienze; perché l’amare e il voler bene hanno inizio dalle buone usanze e occupazioni, così come, dalle scienze ed esperienze, quelle belle e d oneste amano davvero il bello; mentre ciò che dai più e detto amore del bello, cioè quello che si manifesta nelle necessità e nei bisogni della vita, è, se mai la spoglia del vero amore.
Nella concezione scientifico filosofica della scuola pitagorica in Magna Grecia l’anima armonia era un’insieme di suono-sono (sound-being) progettato dall’intelligenza universale in funzione dell’individuazione vivente. La conoscenza dell’ordine del mondo coincideva con l’assimilazione dell’anima al divino attraverso la Mathesis intesa come Conoscenza per eccellenza che racchiudeva in sé tutte le Scienze oltre quelle matematiche come l’Astronomia, la Musica, la Cosmogonia. Mathesis come “principio Matematico in quanto Armonia del Cosmo” nella antica concezione della scuola pitagorica. Conoscenza che, altro non era che una reminiscenza, un sapere cui si attinge solo attraverso se stessi, perché in se stessi è contenuto. Attraverso la Mathesis si arrivava alla conoscenza di quell’antica armonia che univa il cosmo all’anima; mentre la privazione della Mathesis ( αμαθιά) conferisce all’individuo una certa pericolosità e come afferma Platone ne “lettera settima “ la amathìa (ignoranza) è il: “ terreno su cui ogni male degli uomini attecchisce e fiorisce, per produrre infine un frutto ancora più amaro per coloro che lo hanno seminato”
Rispetto all’io ontico l’anima-armonia è la ricomposizione attraverso l’estasi immagogica della realtà ontico universale (gioia, felicità, amore della vita spirituale nel cosmo).
“23. Pitagora e Filolao dissero che l’anima è accordo ….. dicono infatti che l’anima sia una specie di accordo perché accordo è mescolanza e composizione di contrari e il corpo è composto di contrari. – e ancora in nota nella stessa pagina – 23. harmoniam : armonia nel senso di accordo . …armonia ì rapporto di numeri” accordo musicale esteso per analogia a tutte le cose le quindi anche all’anima. “(cfr. pag. 179 Pitagorici, testimonianze e frammenti a cura di M. Timpanaro- Cardini ed. La Nuova Italia 1962)
“…i Pitagorici, per la purificazione del corpo ricorrevano alla medicina, per quella dell’anima alla musica. . . Pitagora attribuiva somma importanza alla catarsi…. Cosi chiamava l’arte del guarire mediante la musica.“
L’idea dell’Armonia Cosmica venne introdotta dalla scuola di Pitagora nell’enunciazione della dottrina dell’anima con la distinzione tra “ terminato e interminato”. Filolao, discepolo di Pitagora e contemporaneo di Socrate, riporta nel suo scritto :” Circa la Natura e l’armonia”
“ L’Essenza delle cose, che è eterna e la stessa natura, ammettono conoscenza divina e non umana; oltre che non sarebbe possibile che alcuna delle cose esistenti venisse da noi conosciuta se l’essenza delle cose di cui consta il cosmo non fosse insieme di cose terminate e cose interminate. Poiché i princìpi non nacquero simili né omogenei sarebbe stato impossibile creare con essi il cosmo, se non fosse intervenuta Armonia, qualunque sia stato il modo in cui essa è nata”
( Pugliese Carratelli, Megale Hellàs, UTET)
Plotino ne ” Le Enneadi” così enunciale motivazioni che muovono l’amore tra uomo e donna :
“L’amante [… ] ha qualche reminiscenza della bellezza, ma, poiché essa è trascendente, non sa comprenderla, mentre rimane attonito dinanzi al fascino delle bellezze visibili. Bisogna perciò insegnargli a non lasciarsi attrarre da un solo corpo, ma a pensare a tutti i corpi, mostrando che la bellezza è identica in tutti e differente da essi, che essa viene a quelli da altrove e che «si manifesta» di più in esseri differenti «dai corpi» come nelle belle occupazioni e nelle bene leggi ‑ e così lo si avvezza a trovare l’oggetto dell’amore in esseri incorporei ‑ come pure nelle arti, nelle scienze, nelle virtù. Poi bisogna fargli vedere l’unità (del Bello) e insegnargli come si forma; indi salire gradualmente dalle virtù all’Intelligenza e all’Essere; e quindi percorrere la via superiore. L’anima che si volge verso l’alto è l’intelligenza; quella che si volge verso il basso è il complesso delle sue potenze che variano a seconda della sua discesa… Ma forse quelle che abbiamo chiamato parti inferiori dell’anima sono soltanto una sua immagine”
La Sophia intesa dagli “Antichi” ( presocratici e pitagorici) era una Saggezza attiva applicata nel quotidiano. La Sophia era un Essere Vivente. Non si trattava di astratta conoscenza e, la sua ricerca, non consisteva in una “ sete di conoscenza”, come la chiameremmo oggi, ma era una ricerca dell’ Uomo verso l’Universo-Uomo. L’uomo quindi sapiente, il Sophos ( saggio), adoperava questa saggezza nella e per la comunità indirizzando intenzionalmente l’energia della parola e del suono, vivificandoli. Secondo il filosofo Pitagora (571 – 496 a.C.) il Sophos era colui che dedicava la sua vita all’Alethèia, ( ἀλήθεια ) la Verità o meglio lo “ svelamento dell’Essere”. I ‘sofòi’, erano uomini in possesso di una conoscenza che non era frutto di raffinati intellettualismi, ma di una sincera pratica introspettiva con finalità ascetiche .
“[…] difatti non si può diventare diversi da ciò che si è. Chi è dunque il Saggio?
Colui che agisce colla sua parte migliore” ( Plotino- Enneade terza , IV)
In tutte le culture ritroviamo la descrizioni di uomini “extra-ordinari” capaci di acquisire conoscenze e poteri tali da poter incidere positivamente sia nelle singole individualità che in grandi collettività, ne sono un esempio le grandi anime dell’umanità nelle varie culture. Nell’ antica Grecia gli stati di “ ispirazione” poetica erano strettamente correlati alla pratica di queste tecniche, ne erano una naturale conseguenza. Non di rado i “poeti” erano anche in possesso di capacità profetiche a testimoniare che era la medesima sorgente superiore la fonte di alimentazione.
Di questo ci testimonia Platone (427 a.C. –347 a.C ) nel frammento 719 delle “Leggi”, tra gli ultimi dialoghi da lui scritti prima della sua morte:
“ È un vecchio detto che quando un poeta è seduto sul tripode delle Muse, non è nei suoi sensi ma egli è come una fontana che dà libero corso all’acqua che vi sgorga”.